Gli amici connazionali, lettori de La Pagina, conoscono l’appoggio dato dal sottoscritto per il Sì al Referendum Costituzionale, vincente nella comunità degli italiani residenti all’Estero e che purtroppo in Italia non ha avuto lo stesso riscontro, più per
motivi esterni alla questione referendaria che per la sostanza stessa del quesito.
Anche molti di quelli che hanno votato per il No hanno riconosciuto sempre e riconoscono alla mancata riforma il miglioramento del clima politico che invece si involve sempre di più in se stesso.
Ci sarebbe stata una legge elettorale migliore per un governo stabile, sarebbero stati risparmiati milioni di euro e tante poltrone inutili risparmiate, ma purtroppo questo non è stato, inutile dilungarsi ancora.
E fra poco gli italiani saranno chiamati a esprimere il proprio voto per la nomina del nuovo.
Parlamento, cominciamo già ad averne delle concrete avvisaglie e ne vedremo delle belle: ve lo assicuro! Anche noi residenti all’estero saremo attanagliati dai dubbi di sempre, un vero e proprio dilemma. Ho potuto constatare sempre più, negli ultimi tempi che l’elettorato italiano in Svizzera è spaccato in due correnti nettamente divise e per certi versi opposte: una parte ancora legata all’idea di “partito”, al nostalgico passato della politica con discussioni che duravano anni prima di arrivare a una decisione e il più delle volte questa decisione risultava tardiva. E l’altra fazione che invece crede di più nelle persone, che cerca nella politica risoluzioni rapide ed efficienti, investendo i propri rappresentanti di maggior responsabilità individuale.
Sono due visioni molto diverse e personalmente mi schiero con la seconda fazione. Vorrei votare, come sempre più italiani, per un candidato trasparente, vicino alla mia gente, calato nella realtà e capace di dare risposte fattive; vorrei una persona al servizio della comunità, della quale posso riconoscere l’operato, che non si sottragga mai al confronto con gli elettori. Non voglio qualcuno impostomi dalle segreterie di partito, arroccato fin da subito a difesa della poltrona.
In questa ottica mi sorgono alcuni dubbi:
Con quali criteri verranno scelti i candidati nei collegi esteri? Saranno le segreterie di partito a imporle o si penserà all’emigrazione, territorio per territorio?
Saranno i futuri candidati proprio coloro che convogliano i voti sul campo, coloro che operano attivamente nella comunità che dovranno rappresentare?
Verranno ascoltate tutte quelle persone, disposte a fare un lavoro di base per il candidato, persone che si identificano con la missione politica stessa dell’aspirante parlamentare?
Ma il dubbio più grande è se saranno finalmente ascoltate le ataviche questioni che attanagliano l’elettorato: farà qualcosa finalmente per noi il futuro parlamentare? Come lo farà? In quanto tempo?
Quanto costerà alla comunità? E la comunità ne riceverà veramente un beneficio? Si isolerà sul suo scranno parlamentare o sarà disponibile a ricevere le istanze dei concittadini e capace di dare risposte pratiche? Per adesso l’inizio della lunga stagione elettorale invece di eliminare questi dubbi, me li aumenta. Resterò a osservare quello che succede e man mano che i punti oscuri si illumineranno non mancherò di far sentire ancora la mia voce, sempre se La Pagina (che ringrazio) voglia ancora darmene la possibilità.
Francesco Di Benedetto