Grande appassionato e critico cinematografico e teatrale, il professor Maurizio Porro sarà protagonista della prossima conferenza firmata ASRI, l’Associazione Svizzera per i Rapporti Culturali ed Economici con l’Italia. Durante la conferenza dal titolo “Dalla Dolce Vita a La Grande Bellezza: Profezie e verità dell’Italia che cambia”, il professor Porro, con il supporto di materiale video, ci spiegherà meglio quali sono le affinità che legano i capolavori di due grandi registi italiani
Professor Porro, ci spieghi meglio l’importanza della sua grande passione per cinema e teatro: come e quando ha capito che questa sua passione sarebbe diventata parte integrante della sua vita?
La passione è stata un fatto naturale, aiutato dalla famiglia che mi portava al cinema e a teatro, ma poi sviluppata in modo personale e autonomo e con febbrile attaccamento da me. Ho capito che era parte della mia vita quando ho pensato di occuparmi professionalmente di queste cose dopo aver sognato di regìe e di scene, ma soprattutto quando sono entrato al Piccolo Teatro in varie funzioni che hanno elettrizzato la mia vita di universitario poi fuori corso per colpa di Grassi e Strehler cui sarò per sempre riconoscente.
Cosa le piace del suo lavoro di critico cinematografico e teatrale?
Mi piace la possibilità del contatto con diverse formule espressive, mi piace essere in mezzo al concetto di creatività visiva e lessicale e mi piace condividere tutto ciò con amici più giovani e più vecchi sempre con la curiosità di incontrare per caso ogni giorno una grande opera. E mi è molto piaciuto in questi anni conoscere persone geniali, singolari, quali è oggi impossibile incontrarne, da Fellini a Mastroianni, dalla Melato alla Masina fino a Ronconi e a molti altri. I fattori umani sono parte integrante di cinema e teatro.
Entriamo nel vivo della conferenza che terrà a Zurigo il prossimo 25 marzo. Attraverso i loro capolavori, parleremo di due figure particolarmente significative per il cinema Italiano: Federico Fellini e Paolo Sorrentino. In cosa i due si richiamano e in cosa invece si distinguono nettamente?
Fellini è stato il profeta e Sorrentino oggi ha avuto il compito di far vedere realizzata la profezia. Ma i titoli dei loro due film, se ci pensa, sembrano intercambiabili e si tratta di due capolavori. Certo Fellini è meglio perché ha intuito tutto in anticipo e ha dato risposte a domande non ancora fatte ma Sorrentino è l’Italia di oggi in cui forse La dolce vita non avrebbe quel tipo di impatto che ebbe allora e che divise il cinema tra ante e post Dolce vita.
Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta il Maestro per il cinema italiano ed internazionale?
Fellini è un pezzo unico, un jolly, l’idea stessa platonica del cinema e l’uomo più spiritoso e meno vanaglorioso che abbia mai incontrato. Bugiardo? Forse, non so, certo in modo fantastico come dimostrano tutti i suoi film, tutti ancora attuali, tutti entrati nel gergo lessicale e nell’immaginario poetico collettivo del pubblico. Ed era una persona di estrema sensibilità nei rapporti.
Crede che Sorrentino possa essere considerato l’erede di Fellini?
No, è stato in parte un caso. Fellini, come Strehler come Chaplin come Ronconi fa parte di quei pezzi unici che sono talmente grandi da non potersi permettere eredi diretti, se mai delle scuole. Ma Sorrentino è l’erede di quel cinema italiano magnifico che negli anni 60 era di sicuro il migliore del mondo.
Nel suo intervento, lei farà riferimento alle profezie annunciate da Fellini nel suo capolavoro che ritroviamo avverate nel film di Sorrentino. Ci può spiegare questo concetto? Quali sono le profezie a cui si riferisce?
La volgarità imperante che nasce nel 60 e trova oggi il suo trionfo nelle terrazze di Servillo e Verdone, la realtà virtuale della scena della visione della madonna, la confusione dei valori, la crisi di Steiner e quindi della cultura legata a un periodo forse concluso, la impossibilità anche da parte della chiesa di dare risposte adeguate ai dubbi esistenziali dei protagonisti, la desolazione dei rapporti e la grande confusione dei sentimenti. Ed altre ed eventuali…
Tra La Dolce Vita e La Grande Bellezza intercorrono 53 anni nel corso dei quali al cinema italiano non sono mancate significative produzioni cinematografiche. Quali sono, a suo parere, le pellicole che meglio raccontano l’Italia nella sua evoluzione?
Difficile ora scegliere senza trascurare molti, ci sono davvero tanti titoli che in 50 anni hanno fatto da mediazione, penso ai film di Scola e di Giordana, a prova d’orchestra e ad Antonioni e Visconti, ma anche alla formidabile commedia di Risi, Monicelli, Comencini, e al cinema politico di Rosi e dei Taviani, alla grande privacy di Olmi, ciascuno a suo modo.
Eveline Bentivegna