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2 May 2024
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Interviste

Una storia, due autrici

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Abbiamo già conosciuto Valeria Pinti che nel 2017 ha pubblicato il suo primo romanzo, “Ada”, e ce lo ha presentato in una bella intervista concessa a La Pagina (21.06.17). Valeria in questi anni ha conosciuto Martina, un’altra italiana che vive in Svizzera, con la quale, oltre che un buon rapporto d’amicizia, è nato un progetto che presto si è trasformato in un libro. “Il paradosso della Sfinge” è l’opera realizzata a quattro mani dalle due giovani autrici nel quale hanno affrontato un tema molto delicato, quello dell’adozione, considerato però, in maniera particolare, dalla prospettiva di chi è stata adottata. Una delle autrici, infatti, ha vissuto in prima persona l’esperienza della consapevolezza di essere stata adottata. Le due giovani scrittrici ci raccontano qualcosa di più di questo interessante scritto…

Martina Moyola Espen:

“Difficile capire risvolti emotivi dopo l’abbandono”

Martina, presentati: chi sei, da quanto tempo sei in Svizzera e cosa fai?

Sono Martina e vengo dal Trentino-Alto Adige. Sto ultimando gli studi universitari di ‘studi storici e filologici letterari’ in Italia. Ultimamente mi sono appassionata molto alla psicologia, tanto da iscrivermi a un corso triennale. Vivo in Svizzera da circa tre anni, sono sposata e ho due bambini di quattro e un anno.

Come è nato il desiderio di scrivere questo libro con Valeria e come è stato lavorare a questo progetto con lei?

Valeria è una cara amica: ci siamo conosciute qualche anno fa tramite i nostri figli e siamo entrate subito in sintonia. Una sera tra una battuta e l’altra ci siamo dette ‘perché non scrivere un libro?’, inizialmente eravamo felici di scrivere, ma non sapevamo cosa scrivere e come dare inizio a questo progetto. Volevamo scrivere sulle donne, volevamo anche una storia abbastanza reale e quindi abbiamo deciso di parlare di adozione visto che io sono stata adottata. Valeria inoltre ha una grandissima empatia quindi è stato un piacere enorme poter parlare con lei e scrivere in sua compagnia.

Cosa pensi che la società odierna non sappia dell’adozione?

‘Il Paradosso della Sfinge’ racconta la storia di Isabella e il suo percorso di crescita sapendo che è stata lasciata alla nascita. Penso possa essere difficile capire i risvolti emotivi  dietro un abbandono e credo questo testo possa portare un po’ di chiarezza su tali temi.

Insieme all’adozione, anche la maternità è un elemento importante. Nel vostro testo i due elementi si incontrano e si scontrano: nella tua vita come convivono?

Uno dei capitoli presenti nel libro parla proprio di questo aspetto. Sui miei figli, infatti, ricade la scelta di tanti anni fa: anche loro non hanno accesso alla loro storia clinica. Fortunatamente, al giorno d’oggi, alcune indicazioni sul proprio stato di salute si possono ottenere tramite l’analisi del test del DNA.

Cosa ti aspetti da questo progetto?

Mi piacerebbe venisse compreso il desiderio, di un adottato, alla ricerca delle proprie risposte.

Valeria Pinti

“Mi piace catapultarmi nella testa del personaggio”

Valeria ci presenti la tua coautrice?

Martina è una persona molto ironica e ve ne accorgerete in alcuni passaggi del libro, che sono esilaranti.

Come è nato il vostro sodalizio artistico?

Ci siamo incontrate per caso, mia figlia mi ha pregato per mesi di invitare il figlio di Martina a casa per giocare. A me non andava di invitare degli sconosciuti a casa, ma mia figlia un giorno ha bloccato Martina e le ha detto: “Vieni a casa mia?’’ e Martina, con la sua ironia, le risponde: “Vengo solo io?’’. Mia figlia, interdetta, si nascose dietro di me dicendole: “Nooooo’’ e tutto finì in una risata. Iniziammo a parlare e organizzare altri incontri con i bimbi. Un giorno le dissi di ‘Ada’, il primo romanzo che avevo pubblicato con Nulla Die, la stessa casa editrice de ‘Il Paradosso della Sfinge’. Lei lo volle comprare, lo lesse e mi disse che le piaceva e da lì è iniziato tutto!

Da “Ada” al “Paradosso della sfinge”: come è cambiato il tuo approccio alla scrittura?

‘Ada’ è stato un lavoro introspettivo e in solitudine e ho dato voce a un solo personaggio, mentre ne ‘Il Paradosso della Sfinge’ bisognava cambiare registro, sia tra un personaggio e l’altro, che nei diversi stadi emozionali delle protagoniste.

In questo caso la scrittura cambia, perché i personaggi cambiano. Mi piace catapultarmi nella testa del personaggio e farlo parlare. Ada parlava dolcemente e con malinconia, essendo un’anziana malata che raccontava la sua gioventù, Isabella e la madre naturale invece vivono nel futuro la prima e nel passato l’altra, pur parlando dello stesso evento. Infatti Isabella è più aggressiva, guarda avanti e non vuole nascondere la sua condizione di adottata, ma vuole che la sua voce si senta forte e chiara. Mentre l’altra, la madre biologica, è più malinconica, più chiusa in se stessa: nessuno deve sapere e lei parla solo con il suo diario.

Nel libro ti confronti con la tematica dell’adozione. Che esperienze hai con questa tematica e, una volta concluso, come è maturato il tuo pensiero su questo argomento?

Non conoscevo questa tematica prima di incontrare Martina, avevo letto qualche articolo qua e là, ma non era un tema che avevo mai approfondito. Quando abbiamo cominciato a scrivere ho capito la confusione che si prova e come questa cambi durante la crescita di una persona. Questo continuo immaginarsi chi siano i tuoi genitori biologici e quale storia ci sia dietro il tuo abbandono ti logora, e logorerebbe chiunque.

Un giorno dovrai spiegare l’adozione ai tuoi figli. In che termini affronterai l’argomento?

Quando sarà più grande mia figlia spero leggerà il libro, questo l’aiuterà a capire le emozioni che prova una persona adottata, emozioni che sono in divenire e cambiano con la presa di coscienza e maturità di una  persona.

Quale credi che sia il punto nevralgico de “Il Paradosso della Sfinge’’?

L’elemento fondamentale per capire questo libro è il tempo e quindi la crescita personale. Ci sono momenti della vita in cui siamo pronti a ricevere delle risposte e momenti in cui siamo invece chiusi a tali risposte: o è troppo presto, oppure troppo tardi, raramente è il momento giusto.

Vi lascio una frase del prologo, dove viene data la chiave di lettura e viene spiegato il titolo: ‘Se non esistesse il tempo e quindi la crescita di una propria coscienza, le potremmo guardare mentre si ritrovano, mentre curvano l’una verso l’altra, perché entrambe ci hanno provato, ma in tempi diversi, in spazi e mondi diversi‘.

Chi sono le autrici? Martina e Valeria

Martina  Moyola Espen, nata  in Trentino 34 anni fa, ha vissuto a Dublino e ora vive in Svizzera con la famiglia. Sta ultimando,  in Italia, gli “studi storici e filologici letterari” .

Valeria  Pinti, 36 anni, Romana, vive a Zurigo. Ha una laurea in fisica e un dottorato in scienze ambientali. Autrice di numerosi saggi scientifici, con Nulla die ha pubblicato il romanzo Ada che ci ha presentato su La Pagina per la  rubrica Italiani in Svizzera!

Eveline Bentivegna

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