Al Festival del Cinema di Roma, che si è svolto nelle scorse settimane, hanno debuttato alcune produzioni che nei prossimi mesi troveremo nelle sale e sulle piattaforme digitali.
Fra queste, per il suo messaggio narrativo, “The Performance” si è distinto dalle altre opere presentate nella capitale italiana, giustificandone la standing ovation al termine della proiezione.
“The Performance”, adattato per il grande schermo dallo sceneggiatore Joshua Salzberg e da Shira Piven, regista del film e sorella del protagonista, è tratto dall’ultimo racconto di Arthur Miller. Ispirato da tematiche caratteristiche alla narrativa del celebre drammaturgo americano, seppur ambientato negli Anni Trenta, “The Performance” si indirizza a problematiche ancora attualissime.
“Il mio lavoro è rivolgermi alla coscienza del pubblico. Come sceneggiatrice, ho elaborato per sei anni la trama e condiviso, anche a livello personale, la solitudine con cui il protagonista ha vissuto le sue esperienze professionali ed umane. Questo film non è una produzione di semplice intrattenimento: le scene di ballo sono il contorno di emozioni a cui tutti possiamo trovarci confrontati.”
Forse non é per caso che la anteprima mondiale di “The Performance” abbia avuto luogo a Roma, quasi ad omaggiare un altro capolavoro di Miller, che descriveva le difficoltà degli italiani emigrati clandestinamente negli USA negli Anni Cinquanta.
Ci riferiamo ad “Uno sguardo dal ponte” (A view from the bridge), interpretato nel 1962 da uno strepitoso Raf Vallone e diretto da Sidney Lumet.
Anche in “The Performance” a dominare scena ed emozioni é il labirinto narrativo che porta gli spettatori ad una coinvolgente analisi della sensibilità umana e dei rapporti sociali.
Siamo nel 1937, l’epoca del fascismo in Italia e del nazismo in Germania. Harold May, americano di origine ebraica, talentuoso ballerino di tip tap, nata come danza di strada ritmata dalla percussione delle calzature di immigrati di ogni etnia e condizione, è ingaggiato per una importante esibizione da un impresario tedesco interpretato da Robert Carlyle (Full Monty, Trainspotting, e vincitore di 4 Bafta Awards, gli Oscar britannici).
La paga è ottima: Harold May, con il suo gruppo di ballerini, accetta.
Ma scoprirà che ad assistere alla “Performance” è nientemeno che il Führer in persona: Adolf Hitler.
Da questo momento inizia un percorso da cui non si puo’ sottrarre e che impone al protagonista un tormentato equilibrio fra le convinzioni personali, il suo destino, i compromessi che gli sono imposti dalla società, per concludersi con un finale che non possiamo anticipare.
Ed è proprio questa coabitazione, la solitudine della coscienza nel momento in cui viene messa alla prova dalle difficoltà della esistenza, che porta lo spettatore ad immedesimarsi nel messaggio narrativo proposto da “The Performance”, ne supera ogni riduttiva interpretazione storica e convenzionale, e ne rende lo storytelling contemporaneo ed universale.
Tratto dall’ultima short novel di Arthur Miller e pubblicato dalla prestigiosa rivista New Yorker, i diritti cinematografici di “The Performer” furono inizialmente acquistati dalla attrice Joyce Hiller Piven, e regalati al figlio Jeremy che ha impiegato dodici anni per realizzarne un film.
Jeremy Piven è tra le star più note al pubblico internazionale, in particolare per la sua interpretazione di Ari Gold nella comedy drama televisiva “Entourage”, della piattaforma HBO. Negli otto anni di trasmissione di questa serie, Jeremy Piven ha ricevuto 13 candidature a Golden Globe, Emmy e Satellite Awards, e vinto tre Emmy e un Golden Globe, i massimi riconoscimenti del settore. In Europa, Piven è ricordato anche come protagonista della serie televisiva Mr. Selfridge, biografia della britannica ITV sulla vita del fondatore dell’omonimo department store nella londinese Oxford Street.
Nel cast di “The Performance”, oltre a Jeremy Piven, troviamo attori versatili anche nella danza, come la britannica Maimie McCoy (Van der Valk, The Musketeers), l’australiano Adam Garcia (Coyote Ugly), la svizzero-americana Lara Wolf (Quantico), il newyorkese Jaired Grimes (Swing Kids), l’israeliano Yaniv Biton (The Monkey House), e l’esordiente britannico Isaac Gryn.
Le riprese sono state girate a Bratislava, in Slovacchia, e la post-produzione è poi proseguita a Londra.
“The Performance” ha come produttore principale Daniel Finkelman (Menashe, The Vigil), assistito dalla produttrice Chaya Amor di Sparks Go (The Vigil) e dalla produttrice Jenny Shakeshaft (Jay, Silent Bob The Reboot, Hellfire).
“Questo è il film che più mi ha coinvolto ed impegnato come attore”, ha spiegato in esclusiva Jeremy Piven a Ticino Welcome: “sono grato a mia madre per averne immediatamente compreso il messaggio. The Performer richiama un tema purtroppo ancora attuale come l’Olocausto, che io affronto nella prospettiva di un semplice ballerino di tip tap. Per il mio protagonista i tempi erano difficili. Aveva bisogno di lavorare e, trovatosi nella necessità di esibirsi per Hitler, è costretto a nasconde la sua origine, ed affrontare una crisi di coscienza. Tutti nella vita possiamo trovarci a scendere a compromessi per raggiungere il successo: ed è proprio questa la tematica che rende universale il messaggio di questa produzione”.
di Andreas Grandi