Parla la dottoressa Federica Mormando, psichiatra, presidentessa italiana di Eurotalent, un’associazione non governativa internazionale che ha tra i suoi scopi anche quello di affrontare la corretta gestione dei bambini che hanno un’intelligenza superiore
Come si misura correttamente l’intelligenza dei bambini? Ci si può fidare (sempre) del rendimento scolastico? Sono domande a cui solo un esperto di queste materie può rispondere con cognizione di causa. L’equazione intelligenza uguale rendimento scolastico non è automatica, anzi, è ben possibile che i bambini intellettivamente superdotati siano proprio quelli che vanno male a scuola. I motivi sono semplici: si annoiano e non seguono e allora il rendimento standard può non essere dei migliori.
Di questi temi è esperta la dottoressa Federica Mormando, psichiatra, presidentessa italiana di Eurotalent, un’associazione non governativa internazionale che ha tra i suoi scopi anche quello di affrontare la corretta gestione dei bambini che hanno un’intelligenza superiore.
Intanto, cominciamo col notare che non è facile gestire un bambino dotato di capacità intellettive superiori e lo conferma proprio la dottoressa Mormando: “Così come, sfortunatamente, esistono tre bambini su cento con problemi di carattere cognitivo, le stesse statistiche indicano che esiste un altro tre per cento con capacità intellettive superiori alla media. Tuttavia, non è sempre facile riconoscere e fornire loro l’aiuto di cui comunque hanno bisogno”. Aggiunge la dottoressa Mormando: “Bisogna sfatare un’idea molto diffusa: i bambini dotati non sono quelli con un unico talento prevalente e decisamente fuori dal comune. Sono invece bambini che hanno una mente aperta e una grande curiosità. La caratteristica che più colpisce è che formulano pensieri e fanno domande su temi che sembrano inadatti alla loro età, come l’origine dell’universo. Spesso hanno imparato a leggere ben prima di andare a scuola e senza aver avuto un’istruzione specifica. Cercano momenti di solitudine e di raccoglimento in cui, semplicemente, pensano e talvolta dimostrano un particolare talento nella musica e nel disegno. Inoltre s’interessano in modo sincero agli altri, cioè ai familiari o agli amici, ma anche alle popolazioni in difficoltà e persino all’ambiente e alla natura. Dimostrano poi maturità inaspettata”.
Come si fa a sapere se un bambino è davvero dotato? Ecco la risposta: “Prima di dire che un bambino ha un’intelligenza superiore alla media suggerisco di sottoporlo ad una serie di test altamente specialistici. In gergo tecnico si chiamano test di funzione, e nel nostro Paese sono davvero pochissimi gli specialisti in grado di interpretarli correttamente. Questi test misurano le capacità del bambino in relazione alla sua età e alla media delle capacità dei coetanei. Solo i risultati di questi test possono certificare che l’intelligenza di un bambino è superiore e che quindi il bambino ha un dono particolare che si deve coltivare con cura”.
E’ ovvio che una volta individuato che un bambino è intellettivamente superiore, non si è risolto gran che, ma siamo solo agli inizi. Dice, infatti, la dottoressa Mormando: “Consiglio di costruire con loro un percorso di crescita personalizzato. A scuola questi bambini sono spesso in difficoltà perché si annoiano. Non è colpa loro: semplicemente avrebbero bisogno di essere stimolati di più per trovare soddisfazione in quello che fanno. Con questi bambini sarebbe bene affrontare le diverse materie dei programmi scolastici come se si trattasse di un’unica disciplina che comprende, per esempio, la storia, la geografia, la storia dell’arte e quella del pensiero scientifico. Bisogna poi essere disponibili a farsi interrompere per rispondere alla raffica di domande che sono soliti fare. Infine, considerate le loro capacità, suggerisco di chiedere loro di svolgere esercizi più complessi rispetto a quelli dei coetanei per ottenere da loro un impegno adeguato”.
Ci sono bambini prodigi che bruciano le tappe scolastiche e s’iscrivono da adolescenti all’Università. E’ un bene o un male? La dottoressa Mormando è convinta che non sia la soluzione giusta, in primo luogo perché s’impedisce loro di scegliere liberamente come sviluppare il loro talento, perché stimolano solo una parte del loro dono, in secondo luogo perché per quanto superdotati hanno comunque bisogno di vivere con i compagni della loro età. Un ultimo aspetto è la relazione tra talento e successo. Non sempre è automatica: si può essere pieni di talento e magari reagire male per altri aspetti caratteriali. L’ideale, secondo la dottoressa Mormando, è che chi ha talento lo deve far crescere in armonia con la sfera emotiva ed affettiva. “L’intelligenza”, dice l’esperta, “non è un’alternativa all’amore, diritto fondamentale di ogni bambino”.