I professionisti della informazione sapranno adeguarsi alla rivoluzione digitale? Questo il tema di un recente studio, diffuso dai portali del World Economic Forum, e preparato dal Reuters Institute for the Study of Journalism di Oxford. È un argomento che, letto tra le righe, probabilmente interessa un pubblico piu’ ampio, dato che oggi nel creare o fruire di contenuti informativi, specie con gli smartphones, anche se non si è professionisti della informazione lo si diventa a tutti gli effetti, conseguenze comprese.
È un dato di fatto, irreversibile: il 75% della popolazione mondiale ormai si informa sulle reti sociali. Inoltre, specie nei paesi che ancora stentano a convertirsi al digitale, i professionisti dei media scontano le loro carenze informatiche. Non resta che una soluzione: adattarsi alla rivoluzione digitale, accettarla con spirito positivo.
Anche perché la premessa del discorso non cambia: i tre quarti della utenza ormai si informa su Twitter, YouTube, Facebook, e simili.
Restiamo nel mondo della informazione. In particolare nelle regioni che non si sono ancora convertite al digitale, gli operatori talvolta mancano di una preparazione che assicuri stabilità e continuità alla loro presenza in un mondo ormai informatizzato. Accettare le metodiche digitali invece aiuta a conservare il rapporto con gli utenti. “Preparare servizi giornalistici ovunque, e poterli immediatamente riferire alla pubblica opinione mondiale”, osservano infatti gli studiosi, “costituisce il limite ma anche il fine del giornalismo contemporaneo. Il divario fra la formazione professionale, come sinora viene impartita, con la globalizzazione digitale in cui invece lavorano, rende difficile ai professionisti conciliare la attendibilità con la autorevolezza delle informazioni proposte. Fatte le dovute proporzioni, una insufficiente competenza digitale è proprio l’elemento che oggi discrimina gli anziani ma anche chi non riesce ad aggiornarsi”.
Insomma, dato che gli smartphones hanno sostituito le redazioni ed i social media gli abbonamenti, oggi, ricorda lo studio, i giornalisti devono informatizzare le procedure redazionali. Anche perché i social networks continuano a creare applicazioni che attraggono sempre nuovi utenti digitali.
Quindi i professionisti che vogliono rimanere autorevoli ed efficienti devono adeguarsi.
In particolare diventare più agili, accessibili, ed accettare che per quanto se ne sappia, è sempre necessario colmare le proprie lacune.
Intendiamoci sui termini. Agili vuol dire seguire con regolarità gli sviluppi informatici. Come? Interessandosi ai micro-aggiornamenti quotidiani, adattarsi ad una formazione continua. Accessibili poi significa rimanere costantemente connessi. E proprio gli smartphones, ricorda lo studio, “sono il mezzo di comunicazione più connesso a livello globale”. Dunque, prima si accetta di imparare ad usarli, meglio si potrà fidelizzare e moltiplicare il numero degli utenti. Queste le premesse, conclude il report, per giustificare che la digitalizzazione é origine e fine del suo stesso utilizzo: “colmare il divario di competenze informatiche grazie alla adozione del digitale, è proprio la soluzione che garantirà un futuro a ciascuno di noi”.
di Andreas Grandi