Auguri di buone vacanze, care lettrici e cari lettori
Sotto il solleone di luglio e sino al ferragosto.
C’è chi attende il momento con l’avidità del felino nell’assalto alla preda.
Evadere da quello stanzone dell’ufficio per non udire il sordo borbottio – una volta, della macchina da scrivere con la testina rotante, ora, impercettibile fruscio del mostro elettronico che riempie le tue giornate di numeri e parole da farti esplodere il cervello, lui stesso refrattario alla sconvolgente novità dell’essere post-moderno.
Per altri, vacanzieri abituali di ogni ponte nel corso dell’anno, poco più di una consuetudine per mostrare l’ultima Space wagon parcheggiata in bella vista davanti all’hotel tre stelle con supplemento. O, perché no?, l’ultima nata in carrozzina, con la badante filippina o ucraina al seguito, tanto per poter ciacolare in libertà sul bagnasciuga senza il disturbo piagnucoloso dellla pargoletta privata del suo biberon.
I vitelloni, dai venti in su e in alcuni casi oltre i quarant’anni, per draguer (corteggiare, impalmare, consolare) l’ultima giovane vedova alemanna, calata nel bel paese dopo aver letto sul “boulevard Blatt” le fatue avventure alla bollicina di prosecco del bel mondo nella Costa Smeralda.
E poi vi sono quelli che vanno, obbligatoriamente, su spiagge stile carnaio senza sapere il perché, tanto per annoiarsi e sciupare un po’ di soldi utili a raccontare le solite vanaglorie al ritorno in ufficio o al solito bar dei passi perduti.
Un mondo in falsa beatitudine e senza un libro in mano. Che tratta le vicende, spesso alquanto sconvolgenti della quotidianità, con il distacco del bagnante mentre osserva l’onda ( Tsunami) che di lì a poco lo travolgerà senza sapere il percome e perché.
Io seguirò il richiamo della foresta.
Raggiungerò il villaggio natio per abbracciare mia madre che viaggia verso i cento anni (Mamma Nilde è nata nel venti del primo novecento) con negli spenti occhi la tristezza del tempo che fu quando mi portava seco ad aggredire l’impervia pineta in cerca del tubero, il biondo porcino dell’alpe.
Cercherò di rivivere il sogno: partire quando non è ancora l’alba per affrontare l’impervia erta verso le Fontane, o l’attraversata verso la Costa e l’ascesa ai duemila seicento metri del Corno Stella, la vetta con la forma dei panettoni Motta e Alemagna da cui puoi allungare lo sguardo verso la Bergamasca e la bruma della Padana.
In fondo laggiù – è solo una illusione – ti pare di scorgere la grande Milano.
Andrò in cerca di una mia personale solitudine per ripensare al passato presente del 2018.
Alla campagna elettorale delle legislative 2018 per il rinnovo del parlamento repubblicano: La cocente sconfitta; l’impressione di essere stato tradito da troppi interessi nascosti; Intrighi frutto di alleanze fondate sull’invidia e l’accidia dei miserabili di cui è piena la storia della nostra Italia, anche all’estero.
Ai tanti compatrioti pensionati che vivono in solitudine e povertà anche nella ricca Confederazione Elvetica.
Al prossimo autunno, il momento in cui occorrerà ricucire il proficuo rapporto con tutti i protagonisti impegnati a difendere la cultura italiana – per una nuova alleanza latina – in un mondo europeo ove sta prevalendo il principio monoculturale anglosassone.
Al patrimonio storico della Casa d’Italia – in testa Zurigo – da salvaguardare e arricchire di un nuovo pathos creativo per mostrare una bella e moderna immagine della nostra Patria.
All’impegno per rilanciare le ragioni per cui è nata l’Unione europea dei liberi e uguali, in previsione del rinnovo elettivo del parlamento europeo del 2019, in cui sarà importante creare le premesse di un nuovo protagonismo dei tre milioni di cittadini italiani che vivono e operano in Svizzera e nel contesto comunitario.
Vorrei fare in modo che siano i tanti connazionali con cui lavoro – in Italia, in Svizzera ed in Europa – a trasformare l’impegno mio in un grande concerto- stile Daniel Barenboim – di italianità creativa e solidale, perché “La vita è un insieme di luoghi e di persone che scrivono il tempo, il nostro tempo”: affermazione di Sergio Marchionne, il grande manager che ha salvato e rinnovato Fiat e Chrysler, in occasione della consegna da parte del presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, del riconoscimento dell’onorificenza di “Cavaliere del lavoro”.
Care e cari lettrici e lettori, con l’arrivederci a settembre, l’augurio per una pausa di pace e serenità.