Roma-Milano-Torino-Napoli-Bologna-Cagliari-Trieste
Le elezioni amministrative del 5 giugno nelle grandi città
Le primarie che il PD ha organizzato per la designazione dei candidati alle imminenti elezioni amministrative di giugno possono essere considerate ormai un punto di non ritorno destinato a caratterizzare le prossime campagne elettorali, da oggi e per l’avvenire: per quel partito e per ogni altra organizzazione sociale e politica che abbia l’ambizione di avere un ruolo importante nell’ora dei profondi cambiamenti in atto. Che riguardano l’assetto istituzionale della repubblica: l’abolizione del bicameralismo paritario con l’estinzione del senato, così come l’abbiamo conosciuto dall’avvento della repubblica e sino ai giorni nostri; il superamento delle provincie; la creazione delle città metropolitane, come è già in tanta parte dell’Europa.
Il dibattito è di sostanza politica e riguarda i partiti, le loro regole, le loro strutture, il pluralismo al loro interno, lo spazio socio-culturale, la loro vocazione democratica e la loro stessa funzione di raccordo con la società civile in tempi di perdurante crisi economica e di incerte prospettive di stabilità finanziaria dell’eurozona e del nostro Paese.
Perché è di tutta evidenza che l’astensionismo sempre più accentuato non è soltanto riconducibile a disaffezione irrazionale, ma è dovuto soprattutto alla distanza siderale che si è creata nell’ultimo decennio e ancora prima, tra i dirigenti della classe politica e i loro elettori.
In definitiva, anche le primarie di marzo per la scelta dei candidati hanno dimostrato che gli elettori più interessati a città vivibili- le grandi periferie urbane delle nostre metropoli a iniziare da Roma- sono rimasti a casa, Hanno votato, al contrario gli elettori dei centri storici, presumibilmente più direttamente coinvolti con le amministrazioni cittadine e di governo. Una frattura ulteriore tra le masse popolari che si confrontano ogni giorno con i mal servizi dei trasporti e più in generale con le deficienze dell’amministrazione pubblica e ampie componenti del ceto medio alto intento a conservare una fetta importante dei vecchi e nuovi privilegi.
Adesso la sfida è rinnovare i consigli comunali che vanno al voto, nelle grandi come nelle piccole città, ed eleggere sindaci capaci di vincere la sfida della governabilità e dello sviluppo sostenibile in un mondo attanagliato dalla questione morale e dal graduale e per ora inarrestabile degrado dell’ambiente e della natura.
Vincere la sfida è necessario e impellente. Perché nella vita quotidiana delle persone fa differenza poter contare su di un buon governo che sappia affrontare con coraggio anche il massiccio flusso migratorio o subire i peggiori populismi.
Da qui alla sera dei ballottaggi, questo è l’impegno di chi crede ancora nei processi di partecipazione e di protagonismo dei cittadini.
Sono elezioni che diranno molto su tendenze e aspirazioni che investono oggi la rappresentanza, la politica, la qualità della nostra democrazia. A Milano, Torino, Bologna, Roma, Napoli, Cagliari, Trieste e in centinaia di comuni medi e piccoli, si sceglieranno sindaci, consiglieri comunali, presidenti e consiglieri di municipi e circoscrizioni. Ognuno di loro deve sentire il sostegno pieno dei cittadini e delle cittadine.
Per questo, ricordo a tutti, anche e soprattutto ai nostri connazionali residenti nella Confederazione Elvetica, che è importante alzare, alta e forte, la nostra voce rientrando a votare in tutte le città in cui ognuno di noi ha conservato affetti e interessi. Giugno viene prima di ottobre, la data in cui saremo chiamati, attraverso il voto per corrispondenza, a dire la nostra sulle riforme costituzionali approvate dopo sei votazioni, nel corso di una lunga annata, dal parlamento italiano. Ed è una ragione in più perché il referendum del prossimo autunno non sia usato come una sciabola per dividere il Paese o come un plebiscito. Lo scriviamo per due ragioni. Perché, comunque la si pensi, poi, quello stesso Paese bisognerà tenerlo unito e in questo, il buongiorno si vede dal mattino. Ma anche perché l’altra sfida è rilanciare un nuovo messaggio sulle ragioni dello stare insieme e di riconoscerci nei valori fondamentali della Costituzione. Vincere la sfida del rinnovamento si può, ma bisogna volerlo. Oggi nelle città. Domani nel Paese.