Sono ricominciati gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine in Val di Susa, dove si stanno eseguendo le trivellazioni per la Tav, linea ad alta velocità Lione-Torino. Negli scontri di giovedì della settimana scorsa, i manifestanti, circa 300 irriducibili no-Tav dei centri sociali, hanno cercato di sfondare le linee delle forze dell’ordine con palle di neve e sassi.
Negli scontri sono stati feriti non gravemente una ventina di poliziotti, mentre tra i manifestanti alcuni sono finiti in ospedale. La differenza tra le proteste degli anni scorsi e quelle recenti è che mentre cinque anni fa i no Tav erano anche molti cittadini e non pochi sindaci e rappresentanti di enti locali, ora questi ultimi – a parte poche eccezioni – si sono definitivamente convertiti all’alta velocità. Hanno capito, cioè, che non è possibile fare a meno di infrastrutture adeguate allo sviluppo degli scambi e dell’economia e quindi del progresso. L’alta velocità potrà anche subire dei ritardi, ma si farà, ormai nessuno più ne dubita, le opposizioni ideologiche saranno destinate ad affievolirsi.
Al di là dei fatti di cronaca, conta dire che mentre in Svizzera Alptransit ha fatto dei progressi enormi, con delle opere grandiose che portano il Paese nel futuro, in Italia si è ancora agli inizi. Non accade solo nell’alta velocità, sta accadendo anche a proposito del nucleare.
Come si ricorderà, in Italia, in seguito al referendum nel 1987, il nucleare è stato lasciato cadere, con gravi danni sia per le conoscenze tecnologiche e scientifiche, sia per i costi dell’energia (mediamente più alti che altrove), sia per la disponibilità e la pulizia dell’energia stessa. Ebbene, il tema del nucleare ha cominciato a far capolino nel dibattito politico italiano circa quattro anni fa, ma è stato l’anno scorso che sono stati fatti i passi necessari per un ritorno dell’atomo in Italia a fini civili. Ovviamente gli atti del governo sono venuti dopo che anche autorevoli personaggi della maggioranza e dell’opposizione, del mondo scientifico e tecnico, hanno dato il loro consenso cambiando opinione rispetto al passato.
La settimana scorsa il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo che individua il percorso per avviare nuovamente il nucleare. I primi lavori nei cantieri sono previsti nel 2013 e la produzione di energia elettro-nucleare in quattro centrali dovrebbe avvenire entro il 2010. Intanto, sono state avviate anche le procedure per l’individuazione dei siti e gli accordi con gli enti locali, procedure ed accordi che richiederanno due anni.
Ma ecco che il nucleare, da prospettiva strategica di diversificazione e di approvvigionamento delle fonti energetiche, sta rientrando nella cronaca per un atteggiamento singolare proprio dei rappresentanti politici degli enti locali, in questo caso regionali. Questi nella stragrande maggioranza di destra e di sinistra, sono individualmente convinti che il ritorno al nucleare sia un beneficio per l’economia italiana ma poi, quando si va al dunque, fanno un passo indietro dicendo “il nucleare va bene, ma non sul nostro territorio”.
Insomma, in vista delle elezioni regionali, tutti, chi più chi meno, vorrebbero che le centrali nucleari venissero costruite altrove, malgrado i sondaggi dicano che sei italiani su dieci sono favorevoli al ritorno al nucleare.
Finora i siti più probabili sono Trino Vercellese (Piemonte), Caorso (Emilia Romagna), Rovigo o Chioggia (Veneto), Montalto di Castro, Borgo Sabotino (Lazio), Garigliano (Campania), Termoli (Molise). In passato i governatori di queste Regioni si sono dichiarati disponibili, ma ultimamente, come detto, si manifestano dubbi elettorali, suscitando la reazione del Ministro dello sviluppo, Claudio Scajola, il quale, a nome del governo, non solo ha impugnato le leggi regionali che hanno stabilito unilateralmente il divieto di installazione di impianti nucleari, ma ha anche invitato i governatori in carica o i candidati ad avere un atteggiamento di chiarezza e di onestà sul nucleare.
“Penso – ha detto il ministro – che un politico abbia il dovere di dire la verità ai cittadini, di approfondire gli argomenti e di indicare il futuro … in anni di analisi e confronti mi sono convinto che una quota di nucleare è indispensabile per garantire la sicurezza energetica del nostro Paese, per ridurre i costi ai cittadini e alle imprese e per combattere il cambiamento climatico”.
Il ministro ha poi messo l’accento sul fatto che dal 2012 l’Italia rischia di pagare multe salatissime, fino ad un miliardo di euro l’anno, se non riuscirà a rispettare i limiti europei sulle emissioni di gas serra.
Di qui anche la necessità di avviare un processo di riduzione delle fonti fossili (carbone, gas, petrolio) che emettono gas serra, con fonti pulite come il nucleare e le rinnovabili. È lo stesso discorso che il Presidente americano Barack Obama sta facendo proprio in questi giorni.