Il professor David Walker, docente di biologia molecolare presso l’Università della California, con sede a Los Angeles, Usa, ha scoperto il gene della longevità
Si parla sempre di più di allungamento della durata della vita. In genere, la si mette in relazione o con una selezione degli alimenti oppure con la frugalità a tavola. Il professor David Walker, docente di biologia molecolare presso l’Università della California, con sede a Los Angeles, Usa, sta lavorando su un’altra ipotesi e cioè che la durata della vita si possa allungare modificando un unico gene del patrimonio ereditario. Il gene Parkina è stato già iniziato ad essere sperimentato sugli animali che hanno lo stesso gene degli uomini e i risultati sono incoraggianti. Gli animali su cui è stato sperimentato non solo vivono più a lungo ma vivono anche in assenza di malattie.
Ecco come il professor Walker spiega la genesi della ricerca: “La nostra indagine, in realtà, è iniziata con il fine di stabilire le cause del morbo di Parkinson, un problema cerebrale che provoca difficoltà di movimento e di cui ancora oggi non conosciamo bene l’origine. A tale scopo, abbiamo cominciato a studiare la funzione di un gene, cioè di una piccola parte del nostro patrimonio ereditario, che si chiama Parkina e che da tempo sospettiamo essere coinvolto nello sviluppo di questa malattia. Abbiamo studiato la funzione del gene Parkina utilizzando un particolare processo grazie al quale riusciamo a potenziare l’azione del gene stesso, in modo da vedere la differenza fra esemplari modificati e no e comprenderne dunque la funzione. I geni sono paragonabili a una piccola fabbrica che produce proteine. Le proteine sono sostanze indispensabili per il corretto funzionamento di ogni singola cellula del corpo umano e a ogni gene è associata la produzione di proteine specifiche. Così abbiamo isolato il gene Parkina, lo abbiamo duplicato e testato su alcuni moscerini della frutta, chiamati Drosophila, che possiedono tale gene, esattamente come gli esseri umani”.
Una volta modificato il genere dei moscerini, è successo che il processo d’invecchiamento di quegli animaletti è sensibilmente rallentato. Normalmente i moscerini vivono 50 giorni, ebbene, i moscerini geneticamente modificati ne hanno vissuto 60, cioè il 12% in più. E’ come se una persona di ottant’anni anni ne vivesse 100. Se i risultati si fossero fermati a questo, già sarebbe un successo. Il fatto è che c’è stato dell’altro: non ci sono state alterazioni fisiche o comportamentali nei moscerini, mentre sono rimaste invariate tutte le altre abitudini, comprese quelle riguardanti la veglia, il sonno e le capacità riproduttive. In parole povere, oltre a vivere più a lungo hanno vissuto senza malattie.
Come mai ciò sia stato possibile, lo spiega direttamente il professor Walker: “Abbiamo scoperto che questo gene controlla la duplicazione delle cellule del corpo, contrassegnando quelle in cui sono avvenute alterazioni affinché vengano eliminate. Così, quando aumentiamo la funzione del gene Parkina, diminuiscono gli errori di duplicazione cellulare. Poiché tali errori sono responsabili dell’invecchiamento, ecco che, diminuendoli, la vita si allunga”.
Resta da vedere se l’allungamento della vita dei moscerini della frutta possa valere anche per gli esseri umani. Ecco cosa risponde il professor Walker: “Lo riteniamo scientificamente possibile. Lo stesso gene è presente anche nell’uomo e svolge la medesima funzione. Quindi, pensiamo di aggiungere alla vita media di ogni individuo diciotto o venti anni, da vivere in buona salute. Ovviamente la quantità di anni in più da noi prevista è frutto di un calcolo. Ma si tratta di un calcolo realistico, basato su esperimenti compiuti sui moscerini”. Quanto alla salute migliore, il risultato è nei fatti: se si rallentano i processi di invecchiamento, è chiaro che anche i problemi di salute legati all’età saranno ritardati, altrimenti non avrebbe senso.
Infine, siccome all’origine c’era lo studio di una terapia genetica per sconfiggere il Parkinson, è evidente che ad avvantaggiarsi di queste ricerche saranno proprio coloro che hanno malattie degenerative legate all’invecchiamento.