L’elettorato svizzero si esprimerà sul canone televisivo, per un’imposta sull’eredità, sulle borse di studio e sulla medicina riproduttiva
Modifica della legge sulla radiotelevisione – La maggioranza del parlamento ha approvato lo scorso settembre la revisione della Legge federale sulla radiotelevisione (LRTV), che prevede di estendere l’obbligo di pagare il canone radiotelevisivo a tutte le economie domestiche e alle imprese con un fatturato annuo superiore a 500 mila franchi. Esentate dal canone sono le persone che ricevono prestazioni complementari dell’AVS/AI o che abitano in case per anziani, per studenti o di cura. Il governo è del parere che l’attuale sistema è superato, poiché oggi si possono seguire i programmi radiotelevisivi online. Il cambio di sistema sarebbe più equo e l’estensione del canone a un numero maggiore di persone abbasserà l’importo da 462 a 400 franchi. Attualmente pagano solo coloro che dispongono di un apparecchio di ricezione radiofonica e televisiva.
La modifica della LRTV è combattuta dall’Unione svizzera delle arti e mestieri (USAM) che ha lanciato con successo il referendum sul quale si voterà il 14 giugno. È una legge scorretta e una trappola fiscale, argomentano i promotori, che temono “una nuova tassa sui media” per finanziare la SRG SSR, l’ente radiotelevisivo nazionale e “nuovi aumenti del canone” che tendenzialmente il governo imporrà. Sarà anche una doppia imposizione: imprese con l’obbligo di pagare il canone lo verseranno anche come privati. “L’attuale situazione economica non permette ulteriori imposte”, ha ammonito Hans-Ulrich Bigler, direttore USAM. “È un referendum assurdo”, ha ribattuto Christian Levrat, presidente del PS. Circa il 75% delle imprese non dovrà pagare il canone e oltre l’80% delle persone private pagheranno di meno. La revisione della legge permetterà anche maggiori mezzi finanziari alle radio e televisioni locali, con alleggerimenti delle norme per le attribuzioni delle concessioni. La votazione sul referendum resta secondo i sondaggi in bilico.
Iniziativa per un’imposta sulle eredità milionarie – Ridistribuire la ricchezza e garantire il finanziamento dell’Assicurazione per la vecchiaia e i superstiti (AVS). L’iniziativa promossa dal Partito socialista, dai maggiori sindacati, dal Partito ecologista e dal Partito evangelico chiede di riformare l’imposizione sulle successioni e le donazioni (oggi di competenza dei Cantoni) con una nuova imposta federale. L’aliquota prevista sarà del 20% e toccherà le eredità delle persone fisiche superiori ai 2 milioni di franchi e per le donazioni che superano i 20.000 franchi. Il gettito fiscale di questa imposta è stimato a circa 3 miliardi di franchi, dei quali due terzi sarebbero destinati all’AVS e un terzo ai Cantoni. Questi ultimi compenserebbero la perdita delle loro imposte sulle successioni (circa 1 miliardo l’anno).
Gli iniziativisi ritengono che si debba combattere l’estrema diseguaglianza nella distribuzione del patrimonio in Svizzera che contraddice il pensiero liberale delle pari opportunità. Inoltre gli introiti permetteranno di fare fronte ai problemi di finanziamento dell’AVS, dovuti all’invecchiamento della popolazione. Tra i contrari anche il governo che invita a respingere l’iniziativa. “La cifra di 3 miliardi di franchi è teorica e l’AVS ha bisogno di basi più solide per il finanziamento” sostenendo di fatto la Riforma della previdenza 2020. Opposizione anche dai partiti borghesi che temono un appesantimento del carico fiscale in Svizzera e ricadute negative soprattutto per le piccole e medie imprese (PMI), che costituiscono l’ossatura dell’economia svizzera. L’imposta lederebbe anche il federalismo fiscale. Nei sondaggi i contrari sono dati in vantaggio e indicano come l’iniziativa si avvii verso la bocciatura.
Iniziativa sulle borse di studio – Nel 2013 gli studenti universitari e di istituti superiori (circa 20.000) hanno approfittato, a differenza del cantone di domicilio, in modo diverso dei 168 milioni di franchi per le borse di studio di Confederazione e cantoni. L’Unione svizzera degli e delle universitari-e (USU) ha lanciato l’iniziativa “Sulle borse di studio” con l’obiettivo di eliminare le grandi disparità attuali. Il testo chiede di uniformare i criteri per la concessione delle borse di studio e dei prestiti di studio trasferendo le competenze alla Confederazione e l’aumento in misura maggiore al finanziamento dei sussidi. Il tutto costerebbe quasi 500 milioni in più per la mano pubblica, ma sarebbero investimenti nell’interesse dell’economia svizzera.
Contrari all’iniziativa governo e parlamento che hanno proposto un controprogetto, che favorirebbe l’armonizzazione delle borse di studio, senza che le competenze dei cantoni sarebbero completamente delegate alla Confederazione. Con l’accettazione dell’iniziativa il processo sull’armonizzazione tra le 26 legislazioni cantonali tramite il Concordato sulle borse di studio, entrato in vigore nel 2013 e dove vi aderiscono 16 cantoni, si fermerebbe. Inoltre i nuovi costi mancherebbero in altri posti e al cospetto della situazione economica difficile e della pressione di dovere risparmiare, questa iniziativa è inopportuna. Essa si concentra solo sul settore del terziario e sfavorirebbe il livello
Secondario II come l’apprendistato e il ginnasio. Nei sondaggi l’iniziativa ha un margine di vantaggio, ma è difficile pronosticarne l’esito.
Modifica dell’articolo costituzionale sulla medicina riproduttiva – I cittadini svizzeri dovranno pronunciarsi sulla modifica dell’articolo 119 della costituzione federale dedicato alla procreazione assistita e all’ingegneria tecnica. La modifica riguarda il DPI, la diagnosi preimpianto, che dovrebbe permettere di realizzare anche in Svizzera esami genetici sugli embrioni prodotti in vitro (finora vietati) prima che siano impiantati nell’utero. Le autorizzazioni delle diagnosi riguarderebbero le coppie portatrici di gravi malattie ereditarie e di genitori che non possono avere figli in modo naturale, che spesso devono rinunciare al desiderio di un figlio. Sono vantaggi della medicina contro questioni etiche e per questo l’esito resterà incerto fino all’ultimo.
Attualmente possono essere prodotti solo gli embrioni che possono essere impiantati alla madre, al massimo tre. Uno svantaggio insieme al divieto della DIP per il rischio di non scoprire se gli embrioni siano capaci di sopravvivere, se si creano gravidanze plurigemellari, mentre le coppie portatrici di malattie ereditarie non hanno la consapevolezza se i figli sono portatori prima dell’implantazione. Per il governo e il parlamento, la DPI ridurrebbe tutti i rischi e proteggerebbe la salute delle madri e risparmierebbe alle coppie interessate un’interruzione volontaria di gravidanza. Per gli oppositori esistono con i vantaggi anche aspetti problematici. Essi ritengono che un sì al nuovo articolo costituzionale eliminerebbe qualsiasi protezione degli embrioni e aprirebbe la strada a una medicina senza limiti e lascerebbe gli embrioni in soprannumero a un destino incerto.