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21 gennaio 1921 – 21 gennaio 2021: 100 anni del PCI da capire, ma non senz’altro da ricordare

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Quest’anno ricorrono 100 anni dalla nascita del PCI, i fatti ci dimostrano che il socialismo reale non era una bella idea ed è stata realizzata male. Un’idea fondata sull’annientamento di classe e sulla schiavitù, una vera e propria idea criminale. A differenza di quanto pensavano, il partito comunista italiano non era un’oasi nell’ideologia sovietica, opprimente, soffocante, nemica della libertà economica individuale e di espressione. Il PCI è stato complice di quella becera ideologia, sino a quando non è stato chiaro che l’Unione Sovietica e la sua deprecabile epoca, ormai aveva i giorni contati: occorreva solo aspettare e vedere quando e in che modo sarebbe crollata. Speriamo che il centenario non sia l’occasione di celebrazioni fuori luogo, non c’è nulla da celebrare, ma da capire, cosa dolorosa da ingoiare per tutti i militanti generosi che negli anni si sono battuti, pensando di combattere per il progresso e non per il totalitarismo.

Ripercorriamo le tappe del PCI italiano, per trovare una spiegazione storica e razionale della posizione del partito, passiva ma decisiva nell’avvento del fascismo e nella lotta di liberazione dal nazifascismo, ma sempre al servizio di Mosca, al servizio dello stalinismo, la finta svolta democratica, senza dimenticare l’appoggio alle peggiori imprese dell’Unione Sovietica, da Budapest a Praga, che si trattava di rivoluzioni socialiste. Ricordate la prepotenza in campo culturale, con l’utilizzo della censura più ferrea; il boicottaggio della Biennale; il tentativo di bloccare la pubblicazione del dottor Zivago. La falsa maschera del finto pacifismo, mentre in occidente giungevano fiumi di rubli destinate a finanziare tutte quelle operazioni di infiltrazione nell’apparato dello Stato italiano, dalla magistratura ai posti capillari della macchina burocratica statale. Di cosa si trattava in realtà la finta illusione comunista, la trasformazione del partito radicale di massa, le minoranze trasformate in feticcio, quella tanto declamata battaglia dei diritti, che ha come risultato la distruzione del diritto stesso, in quanto induce a migliaia di eccezioni e dunque all’arbitrio? L’idea di creare la polizia del pensiero, come Orwell aveva immaginato, nota come politicamente corretto, l’antirazzismo trasformato in una paradossale forma di razzismo applicato addirittura al passato remoto. Occorrerebbe spiegare perché gli ex comunisti hanno perso il loro sostegno nelle zone del Paese più industrializzate, fulcro della loro essenza creativa, per trasferirsi nelle zone borghesi delle grandi città, da falce e martello chilometro zero a RaiTre e nei consigli di amministrazione di banche e grandi società. Ma ora, gli eredi del PCI e i nipotini ignoranti, in questo particolare momento, si trovano a gestire una situazione, gioco forza, in cui lo Stato impone pesanti limitazioni alle libertà personali, tutto questo messo in atto con strumenti giudicati illegittimi da illustri costituzionalisti, esautorando il Parlamento Italiano. Considerato il tutto, visti i precedenti, nonché la pericolosa tendenza dei nipotini ignoranti (dato che la Russia di oggi con Putin ha cambiato completamente registro) ad avvicinarsi sempre più al modello cinese, fatto solo di Capitalismo di stato e di sorveglianza digitale, penso ci sia poco da fidarsi, ma soprattutto c’è da riflettere.

Paolo Gasparini

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