Abitazioni a rischio, pericolo frana, strutture come scuole e ospedali, sensibili e 7 milioni di cittadini si trovano ogni giorno in zone esposte al pericolo di frane o alluvioni. È così che Legambiente ha presentato a Roma gli ultimi dati sul rischio idrogeologico in Italia.
L’indagine sulle attività nelle amministrazioni comunali per la mitigazione del rischio idrogeologico è stata realizzata sulla base delle risposte fornite dalle amministrazioni locali al questionario inviato ai Comuni in cui sono state perimetrate aree a rischio idrogeologico, Legambiente sottolinea che i dati si riferiscono quindi ai 1’444 Comuni che hanno risposto al questionario di Legambiente. Secondo l’associazione in ben 1’074 comuni (il 77% del totale) sono presenti abitazioni in aree a rischio. Nel 31% sono presenti addirittura interi quartieri e nel 51% dei casi sorgono impianti industriali. Nel 18% dei Comuni intervistati, nelle aree golenali o a rischio frana sono presenti strutture sensibili come scuole o ospedali e nel 25% strutture commerciali.
Secondo il rapporto l’urbanizzazione delle aree a rischio non è solo un fenomeno del passato: nel 10% dei Comuni intervistati sono stati realizzati edifici in aree a rischio anche nell’ultimo decennio. Solo nel 2015 frane alluvioni hanno causato nel nostro Paese 18 vittime, 1 disperso e 25 feriti con 3’694 persone evacuate o rimaste senzatetto in 19 regioni, 56 province, 115 comuni e 133 località. Secondo l’Istituto di ricerca per la protezione idrogeologica (Irpi) del Cnr, nel periodo 2010-2014 le vittime sono state 145 con 44.528 persone evacuate o senzatetto, con eventi che si sono verificati in tutte le regioni italiane, nella quasi totalità delle province (97) e in 625 comuni per un totale di 880 località colpite. “È evidente l’urgenza di avviare una seria politica di mitigazione del rischio che sappia tutelare il suolo e i corsi d’acqua e ridurre i pericoli a cui sono quotidianamente esposti i cittadini – ha dichiarato il responsabile scientifico di Legambiente Giorgio Zampetti -.
La prevenzione deve divenire la priorità per il nostro Paese, tanto più in un contesto in cui sono sempre più evidenti gli effetti dei cambiamenti climatici in atto. Per essere efficace però, l’attività di prevenzione deve prevedere un approccio complessivo, che sappia tenere insieme le politiche urbanistiche, una diversa pianificazione dell’uso del suolo, una crescente attenzione alla conoscenza delle zone a rischio, la realizzazione di interventi pianificati su scala di bacino, l’organizzazione dei sistemi locali di protezione civile e la crescita di consapevolezza da parte dei cittadini”.
Ma soffermiamoci un attimo al numero di persone a rischio, sono 7 milioni. Paragoniamo: la Svizzera ha un po’ più di 8 milioni di abitanti, sarebbe a rischio quindi quasi l’intera popolazione svizzera. La città di Madrid, la capitale della Spagna con oltre 6 milioni, sarebbe addirittura a rischio totale. Legambiente spiega anche che a Roma e Napoli sono oltre 100’000 i cittadini che vivono o lavorano in zone a rischio, poco meno di 100’000 anche le persone in aree a rischio nella città di Genova. Quel che è peggio è che, nonostante i rischi ormai evidenti, nelle città di Roma, Trento, Genova e Perugia anche nell’ultimo decennio sono state realizzate nuove edificazioni in aree a rischio.