Decisione (del Tribunale federale) 6B_827/2014 del 1 febbraio 2016
Il ricorrente sporgeva querela adducendo che il querelato aveva ingannato la sua deceduta moglie a riguardo dell’ammontare del lascito del di lei padre e nascondendo del patrimonio non tassato, che è stato trattenuto al querelante e alle di lui quattro figlie.
La Procura non si è seriamente occupata del caso e l’istanza precedente non è entrata nel merito del reclamo del ricorrente a causa della mancata legittimazione di quest’ultimo.
La dottrina non è unanime nel dichiarare se un parente di una persona danneggiata e deceduta sia, basandosi sull’art. 121 cpv. 1 CPP, legittimata solo civilmente o anche all’azione penale. Sia il Tribunale federale come pure molti esponenti della dottrina e nei messaggi e materiali di legge sono favorevoli (rispettivamente non si deduce una restrizione in tal senso) ad un ampio raggio d’azione per quanto riguarda gli eredi; questo sia in ambito di azione civile e penale.
Inoltre, c’è da chiedersi come mai l’autorizzazione alla querela possa passare, dopo la morte della persona danneggiata, ai suoi parenti ma lo stesso non può essere applicato al diritto basato sull’art. 121 cpv. 1 CPP di partecipare al procedimento penale in qualità di querelante.
Restava da vedere se i parenti avessero dovuto agire insieme. Le pretese civili della comunione ereditaria possono, di principio, essere fatte valere solo attraverso l’agire comune degli eredi. Questo differisce tuttavia nel procedimento penale. In quest’ultimo, infatti, non sussiste alcun pericolo che la comunione ereditaria venga svantaggiata attraverso l’agire del singolo in quanto questo non potrebbe disporre della pretesa della comunione ereditaria.
Quindi risulta giustificato che ogni erede, concordemente all’art. 121 cpv. 1 CPP, si possa costituire come danneggiato nel procedimento penale.