Sono trascorsi 70 anni da quella che è passata alla storia come strage di Portella della Ginestra. La strage venne compiuta dal noto bandito siciliano Salvatore Giuliano, la cui fama è stata forse troppo montata più dal folklore della sua figura che dai reali atti sanguinosi di cui si macchiò. La figura del bandito Giuliano, infatti, è passata alla storia come uno di quegli isolati casi di eroe-fuorilegge che operava a favore di popolo, per i poveri, contro le istituzioni che intendevano sopraffarli e contro la Mafia imperante sull’isola. Ad alimentare la sua romantica fama di bandito gentiluomo contribuì anche la sua attività di letterato e astronomo. Pare infatti che il bandito scrivesse molte lettere dirette ai quotidiani dell’epoca sia per avvalorare le sue cause sia per pubblicare fantasiose teorie di astronomia che lui stesso ideava. A quelle lettere ne seguivano però altre di minaccia indirizzate ai direttori che non pubblicavano i suoi scritti.
Se dovessimo considerare il suo operato reale, in termini di atti tra contrabbando, rapine, rapimenti e omicidi (430 a suo carico, almeno quelli noti, tra forze dell’ordine e civili), la sua fama sarebbe ben altra! Tra le sue “gesta” rimane indimenticata la strage del 1° maggio. Quel giorno una folla di ben 2000 persone si era radunata proprio nella vallata detta Portella della Ginestra per ascoltare il discorso di alcuni dirigenti del Pci. Erano perlopiù operai e agricoltori accorsi con le famiglie per l’occasione. Da quel che si dice, pare che Turiddu Giuliano, il bandito “gentiluomo”, avesse preparato con cura il piano, dopo aver ricevuto una misteriosa lettera che lui stesso bruciò dopo aver letto, reclutando giorni prima degli uomini. Quel giorno Salvatore Giuliano non si rivelò poi così gentiluomo come il mito lo racconta. Sotto il suo ordine e per mano sua morirono 11 persone tra cui 3 bambini e una sessantina rimasero feriti. Tutta povera gente che nulla c’entrava con le cause certamente politiche che stavano dietro il movente di quella strage. Nulla mai si seppe del movente, ma che vi fossero motivi di natura politica è quasi una certezza. C’è chi sostiene che un tale atto servisse per intimorire gli avventori del Pci; chi invece che si sia trattata di una sorta di spedizione punitiva da parte del mondo agrario contro l’avanzata del popolo che aveva votato la Riforma agraria; oppure la strage doveva servire per mettere in cattiva luce il Pci in modo che potesse essere messo fuori legge. Ancora oggi, a 70 anni dalla strage, i mandanti politici non sono noti. “Anche questo anniversario sarà caratterizzato dalla mancanza di verità e di giustizia. La nostra richiesta alle massime autorità dello Stato di rendere pubblici tutti gli atti istruttori relativi al procedimento sui mandanti di Portella istruito negli anni ’50 dalla Procura di Palermo, non è stata ancora accolta”, dichiara l’Associazione dei familiari e dei sopravvissuti della strage.
Non è ben chiaro che accordi avesse preso il bandito Giuliano con i mandanti della strage, ma sicuramente la strage contribuì alla caduta del mito romantico di Turiddu Giuliano, bandito gentiluomo a sostegno del popolo e dei più poveri. Non solo perse il favore da parte del popolo, ma qualcosa si ruppe anche all’interno della sua banda, tanto che Giuliano morì il 5 luglio del ’50, poco prima che iniziasse il processo contro i suoi uomini catturati, per mano di Gaspare Pisciotta, ovvero il suo fedele braccio destro.
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