Che la mafia italiana avesse nel mirino il Ticino era noto. Ma ora estende i suoi tentacoli al Vallese e ai Grigioni per riciclare il denaro sporco, afferma la ricercatrice zurighese Stéphanie Oesch, di cui vi proponiamo un’intervista.
Nell’opera intitolata “Die organisierte Kriminalität – eine Bedrohung für den Finanzplatz Schweiz?” (Il crimine organizzato – una minaccia per la piazza finanziaria svizzera?), la politologa zurighese spiega come la mafia, in particolare la ‘ndrangheta calabrese, stringe i legami in Svizzera. Questo male diffuso e quasi invisibile, la cui presenza in più cantoni svizzeri è confermata dall’Ufficio federale di polizia (fedpol), rappresenta un grosso pericolo, che la Svizzera non dovrebbe sottovalutare, mettono in guardia numerosi magistrati ed esperti italiani.
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swissinfo: Lei afferma che la mafia italiana si espande in Svizzera ed estende il riciclaggio in regioni finora considerate al riparo dal crimine organizzato. Cosa succede esattamente?
Stéphanie Oesch: Ciò riguarda i cantoni con confini al sud della Svizzera. Il Ticino, il Vallese e, in misura minore, i Grigioni. Per il Ticino, dove la situazione è più critica che altrove, la vicinanza geografica, la lingua e il sistema finanziario e parabancario, esercitano una forte attrazione sulle organizzazioni criminali insediate in Italia. Esse – soprattutto la ‘ndrangheta calabrese che è diventata molto potente in Lombardia – devono riciclare somme colossali per poter disporre dei loro capitali. La maggior parte di questo denaro è legato al narcotraffico, in particolare quello della cocaina, e al traffico illegale di armi. In Vallese queste organizzazioni criminali cercano di riciclare il denaro del crimine investendolo soprattutto nell’immobiliare e nel settore dei ristoranti e degli alberghi. La mafia prende di mira in particolare i grandi complessi immobiliari e turistici.
swissinfo: Lei evoca una penetrazione nell’economia, ma anche nella politica. Eppure si credeva che la Svizzera fosse risparmiata dalla piaga della corruzione…
S. O.: Circa l’economia, l’infiltrazione avviene principalmente attraverso partecipazioni nel capitale aziendale. In un contesto di crisi, il pericolo è decuplicato. Quanto alla politica, non credo che si debba temere un pericolo a livello cantonale o federale, dove i politici sono molto esposti ai media e dove il rischio di essere scoperti è troppo elevato. Si tratta più di fenomeni molto locali e più discreti.
swissinfo: Le difficoltà del Ministero pubblico della Confederazione in materia di lotta contro la criminalità organizzata sono notorie. Su cosa si fondano le sue affermazioni?
S. O.: In primo luogo, ho ottenuto le mie informazioni basandomi sui documenti del Tribunale penale federale di Bellinzona. I suoi servizi d’informazione, come pure la fedpol, mi hanno dato accesso a parte della loro documentazione. Ho inoltre effettuato ricerche su diversi documenti e sulla letteratura concernente il fenomeno della mafia. Benché le sentenze di colpevolezza in questo campo siano rare in Svizzera e numerosi procedimenti non approdino in tribunale, non significa che non si possa concludere che il crimine organizzato è presente da noi. Esistono numerose informazioni fondate e indicazioni che dimostrano lo svolgimento di questo tipo di attività nel nostro paese. Ricordiamoci che l’omertà, ossia la legge del silenzio in vigore in questo ambiente, e dunque l’assenza di testimoni, non agevola il lavoro degli investigatori. Non è perché la giustizia ha in mano una persona sospettata che otterrà necessariamente una confessione.
swissinfo: Si deve dedurre che il crimine organizzato sarà sempre in vantaggio sulla giustizia?
S. O.: Penso che purtroppo sia così. Il legislatore elabora delle leggi per reprimere atti che sono già stati commessi, non offre alcuno strumento di prevenzione per agire a monte. Ritengo invece che si potrebbero comunque inasprire le condizioni di accesso alla proprietà immobiliare, come anche a quello dei consigli d’amministrazione, al fine di lottare contro il crimine organizzato e il riciclaggio di denaro sporco. È con questo genere di misure che si può agire e impedire l’infiltrazione. Oggi la vigilanza sul fronte delle banche in Svizzera è tale, che per i riciclatori è praticamente impossibile passare ancora tra le maglie della rete.
swissinfo: Si deve temere di vedere un giorno i commercianti svizzeri costretti a pagare il pizzo?
S. O.: Probabilmente non a medio termine. Chi dice pizzo, dice controllo di un territorio con la minaccia o addirittura con la violenza, come succede in certe zone in Italia. Simili pratiche mettono in luce le attività illegali di questi gruppi, danno loro una visibilità che la mafia vuole evitare ad ogni costo in Svizzera, proprio per poter proseguire i propri affari, senza attirare l’attenzione della giustizia e della società civile.