Le candidature italiane sui collegi esteri
Il mio pensiero va a Carlo Azeglio Ciampi. Al presidente che salutò la straordinaria novità dei futuri eletti nel parlamento repubblicano come occasione per dare nuova linfa alle nostre istituzioni. Passioni partecipative, esperienze professionali e umane, impegno per i diritti civili e politici nel corso di un lungo processo storico: una straordinaria ricchezza posta al servizio delle nostre istituzioni.
Dal 09 aprile 2006 l’Italia sanava il debito storico verso i milioni di cittadini italiani in Europa e nel mondo.
I due anni del governo Prodi furono in sintonia con le aspettative.
L’attenzione alla realtà della comunità italiana nel mondo, una costante dell’attività di governo, la cui maggioranza, nella gran parte degli eletti all’estero, ebbe un forte e convinto sostegno.
Poi tutto naufragò nella miseria delle ambizioni personali degli eletti.
La sedicesima legislatura dei governi Berlusconi -Monti e l’attuale, pur tra indubbie differenze politiche e programmatiche e al cospetto della più grave crisi economica e finanziaria del dopoguerra, un arretramento d’interesse e sostegno alla comunità nazionale unito al prevalere delle ambizioni personali sui generali interessi dei cinque milioni di cittadini italiani nel mondo.
Che si trattasse di rappresentanti della maggioranza o dell’opposizione, lo spartito era sempre lo stesso: la disfida per un posto di nicchia: la presidenza di un comitato o altro, la presunzione di un forte protagonismo suonato con la gran
cassa della batteria in guerra con l’insieme dell’orchestra. E tutto ciò sino ai nostri giorni.
Abbiamo assistito al pianto dei coccodrilli sull’apertura alla candidatura dei cittadini italiani nel collegio estero previsto dalla legge elettorale appena approvata dai due rami del parlamento.
Intendiamoci: il fatto è negativo e soprattutto perché è avvenuto senza che fosse possibile discutere e chiarire le eventuali conseguenze. E tuttavia, l’impedimento a più candidature concomitanti, in Italia e all’estero, ha drasticamente ridotto gli aspetti emendativi più indecorosi.
Rimane la gravità del messaggio: gli italiani nel mondo trattati come riserva di caccia per soddisfare la brama di politicanti falliti nel territorio nazionale. Vedremo se ciò accadrà. Anche perché nel passato alcune pittoresche candidature di residenti in Europa (il principe dei Savoia e la cantante pallonara) non ebbero eccessiva fortuna, salvo un certo Nicola Di Girolamo che, non si sa come, si trovò iscritto all’Aire nell’Urbe, residente in una villaggio belga dall’incerta toponomastica, per potersi candidare al senato, essere eletto e dover poi rovinosamente abbandonare lo scanno fraudolentemente conquistato.
Già: il potere dei soldi e dei ricchi trafficanti di merende.
Conclusione: una norma senza effetti pratici.
La legge 27 dicembre 2001, N°. 459, non impedisce di trasferirsi, nell’imminenza delle elezioni, all’estero, candidarsi, investire ingenti somme nel rispetto delle disposizioni o in forme occulte, per competere nelle liste di partiti privi di ideali e valori forti che li vorranno accettare.
Un atto grave – dicevo – che evidenzia l’annebbiamento di una grande storia.
L’incapacità di fare squadra. Di far prevalere le aspettative delle elettrici e degli elettori sulle vacue ambizioni personali di ognuno.
Ho proposto ripetutamente e nel corso di più legislature, l’istituzione della Commissione bicamerale per l’estero, lo strumento per affrontare concretamente e incidere sulle decisioni in parlamento. Risultato: un silenzio assordante. Così è avvento sul progetto di legge per modificare l’attuale suddivisione continentale delle circoscrizioni estere sostituendola con i collegi uninominali ristretti territorialmente e in grado, quindi, (fermo il ruolo di rappresentanza nazionale di ogni eletto) di affrontare le problematiche della collettività in aree ben distinte.
Silenzio! Il nulla! In parlamento e in (con le creative eccezioni) tanti soggetti attivi dell’emigrazione italiana in Europa e nel mondo. Dove erano i coccodrilli dalla lacrima facile per la perdita della peculiarità del collegio estero?
Mi viene un dubbio: che la difesa degli interessi costituiti abbia prevalso sulle aspettative della collettività italiana.
Ai Cittadini, elettrici ed elettori italiani nel mondo, l’ardua sentenza.