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29 March 2024
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STORIE di Gianni Farina

Roma e Londra: due modi diversi e distanti per celebrare il sessantesimo dei trattati dell’Unione

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L’Europa a un tornante della sua storia unitaria

Un gigante sul metro e novanta; i capelli di un rosso arrugginito; un cartello in una mano; una bandiera europea nell’altra. Neil Thomson avanza lentamente in direzione della Bocca della Verità.
È funzionario europeo a Bruxelles da oltre quindici anni e cittadino britannico. Scozzese – precisa lui, immediatamente – di fronte a una scelta persino drammatica: quale nazionalità scegliere per il futuro prossimo.
Perché non la scozzese, se il paese otterrà, negli anni a venire, l’indipendenza dal Regno Unito?
Non sono nazionalista – afferma – ma è forse l’unica strada possibile per rimanere nell’Unione europea.
Perciò è a Roma a titolo personale per riaffermare il suo attaccamento ai valori dell’unità europea.
Sabato 25 marzo: una giornata particolare, in una Roma irradiata da un sole quasi estivo e percorsa da cortei inneggianti o contro l’Unione europea.
Il centro della politica e delle istituzioni, transennato e vuoto per ragioni di sicurezza, è di una tranquillità inusuale per l’arruffona capitale italiana.
Poco lontano, oltre il bianco marmoreo dell‘altare della Patria, il campidoglio dei Cesari accoglie i rappresentanti della commissione e  dei 27 stati europei – senza la Gran Bretagna, dunque –  per la foto di famiglia nel segno dell’unità e dell’amicizia tra i popoli europei.
Sarà per la magica atmosfera del luogo o per un rigurgito di saggezza, persino il recalcitrante ministro polacco e il suo collega greco, hanno accettato di firmare la dichiarazione comune.
I discorsi dei capi di stato vertono, all’unisono, sulla necessità di una Europa rigenerata, solidale e unita.
Il presidente Paolo Gentiloni, nella sua qualità di Maitre de l’Hotel de Ville, nel discorso di saluto, solenne e appassionato, ha insistito sulla necessità di riorientare la politica dell’Unione nella lotta contro le nuove  povertà e l’ ineguaglianza.
Donald Tusk, il polacco presidente del Consiglio europeo, contestato in patria dai revanscisti anti europei, ha trovato, per l’occasione, le parole più forti.
Date oggi testimonianza di essere dei veri capi dell’Unione – ha tuonato –  per portare con onore la grande eredita dei fondatori dell’Unione, e  garantitelo a chi come me ha passato più della metà della sua vita oltre una cortina che divideva i popoli e le nazioni.
Davanti a un mare di bandiere festanti gli innumerevoli oratori si sono alternati alla tribuna riaffermando l’intenzione di approfondire la costruzione europea nel ricordo dell’ammonimento lanciato vent’anni prima da Francois Mitterrand – il nazionalismo è la guerra – prima di avviarsi, tutti assieme, in direzione del Colosseo accompagnati dalla melodia dell’ Inno alla gioia e da migliaia di giovani festanti.
Per i 27capi di stato presenti, una pausa di festa e di solennità.
Chiusa la pagina romana, se ne è aperta un’altra: irta, insidiosa e ammonitrice  per il futuro.
Il 29 marzo, il primo ministro Britannico Theresa May, ha inviato la lettera in ottemperanza all’articolo 50 del trattato dell’Unione, lanciando, ufficialmente, la Brexit,  il processo di distacco dall’UE.
L’ Unione è entrata in un tunnel tortuoso di negoziati  lungo due anni alla cui uscita nulla sarà più come prima.
Dopo sessanta anni di costruzione unitaria, nell’intento di salvaguardare la pace e la concordia tra le nazioni europee, un paese, una grande paese, il Regno Unito, avrà levato le ancore verso lidi inesplorati.
Abbandonarsi al pessimismo o rinsaldare l’unità e la concordia.
Ai prossimi anni e decenni, l’ardua sentenza.
Ho descritto i momenti significativi delle celebrazioni nella capitale italiana: le ansie, i timori, le aspettative per quello che verrà.
Nelle stesse ore in cui i ventisette capi di stato firmavano i protocolli d’intesa, i londinesi sfilavano per riaffermare uno spirito unitario.
Domani gli orologi indietreggeranno di un’ora, noi, di quaranta anni, era scritto su un cartello, riandando al momento in cui la Gran Bretagna aderì alla comunità europea.
Gli auguri di “Buon anniversario all’Unione” erano accompagnati dall’invito ad arrestare la Brexit come per deplorare la fine di una grande, se pur travagliata, storia d’amore.
Lo scozzese Neil Thomson, la Brexit, la Bocca della Verità.
Uniti e solidali. O divisi in tante nullità in balia dei potenti che verranno. Un giorno sarà lei a svelare l’arcano mistero.

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