A scoprirlo una ricerca condotta dalla Cornell University
I ricercatori se lo chiedevano da tempo e forse adesso la risposta sul perché le persone obese non riescano a
percepire il gusto è arrivata grazie ad una ricerca condotta sui topi nei laboratori della Cornell University (pubblicata sulla rivista Plos Biology) secondo la quale l’obesità ‘spegne il senso del gusto’ infiammando le papille gustative, che diventano in questo modo meno numerose e di conseguenza meno efficienti.
Precedenti studi avevano già dimostrato che l’aumento di peso può ridurre la sensibilità al sapore del cibo e che questo effetto poteva essere invertito perdendo i chili di troppo. Ora il nuovo lavoro ha mostrato che l’infiammazione provocata dall’obesità ‘taglia’ effettivamente il numero di papille gustative presenti sulla lingua dei topi. La ricerca condotta dalla Cornel University, negli Stati Uniti, si è concentrata proprio sulle papille gustative, ognuna delle quali composta da un numero di cellule compreso tra 50 e 100: sono loro le responsabili della percezione dei sapori, ovvero l’amaro, l’acido, il dolce, il salato e l’umami.
Ogni papilla si rinnova di continuo, dal momento che la loro vita media non supera i dieci giorni: ad oggi gli esperti non avevano compreso per quale ragione le persone obese non riuscissero a percepire il gusto. Il gruppo di ricerca coordinato da Robin Dando ha cercato la risposta in un test sui topi: a metà degli animali è stata somministrata una dieta con il 14% di grassi e all’altra metà una dieta con il 58% di grassi; trascorsi due mesi i topi del secondo gruppo erano visibilmente ingrassati, acquistando oltre un terzo del loro peso e perdendo un quarto delle papille gustative. A questo punto è bene precisare il ‘normale’ ciclo vitale delle papille gustative, il cui riciclo avviene con una naturale combinazione bilanciata di apoptosi, ovvero la morte cellulare programmata e la produzione di nuove cellule da parte di alcune speciali cellule progenitrici. Bene, quello che i ricercatori hanno osservato è che nel caso dei topi obesi il tasso di morte cellulare programmata era aumentato in proporzione maggiore al calo delle cellule progenitrici nella lingua. Da qui dunque la spiegazione del perdita di gusto, riconducibile ad una minore presenza delle papille gustative e ad una minore efficienza di quelle residue presenti. A questo punto, però, i ricercatori hanno tenuto a fare anche un’ulteriore precisazione, sottolineando come i topi geneticamente resistenti all’obesità non abbiano invece sviluppato questi effetti, anche se appartenenti al secondo gruppo e alimentati con la dieta più grassa.
Questo, quindi, si spiegherebbe con il fatto che non è il consumo di grasso in sé a determinare la perdita del gusto, quanto l’accumulo di tessuto adiposo, in quanto l’obesità è una patologia ‘associata ad una risposta infiammatoria che sconvolge la vita delle papille gustative’, come ha sottolineato Robin Dando, coordinatore del gruppo di ricerca: “Questi dati suggeriscono che l’adiposità eccessiva determinata da una dieta ricca di grassi è associata ad una risposta infiammatoria di basso grado che provoca la rottura dei meccanismi che bilanciano il processo di conservazione e di rinnovamento delle papille gustative”, ha infatti chiarito, concludendo poi che “questi risultati potrebbero indicare nuove strategie terapeutiche per alleviare la disfunzione del senso del gusto nelle popolazioni obese”.