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22 November 2024
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Scrive chi legge

Che accade al Consolato Generale di Zurigo?

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Una delegazione  del Ministero degli esteri, guidata dal ministro plenipotenziario dr. Bertozzi, è venuta a Zurigo, agli inizi dello scorso  mese di ottobre, in visita ispettiva presso questo Consolato generale. Su richiesta del dr. Bertozzi, il presidente del Comites di Zurigo Gerardo Petta lo ha incontrato per discutere con lui i temi di maggiore interesse di questa collettività. Nell’occasione, lo scrivente ha ritenuto di fare cosa opportuna richiamando l’attenzione dell’Ispettore ministeriale sul pessimo stato di servizio nel consolato di Zurigo, ricordando parimenti, per utile e necessario paragone, la magnifica esperienza consolare  del quinquennio 2015- 2020, quando l’Ufficio di Zurigo, prima dell’avvento del Covid, era a tutti gli effetti la casa degli italiani, che potevano accedervi senza sbarramenti di sorta, senza obbligo di appuntamenti, senza code, senza liste di attesa, senza  angherie informatiche.

Il dr. Bertozzi ha riconosciuto per parte sua l’eccellente lavoro compiuto dai due precedenti consoli generali, aggiungendo tuttavia di non riuscire a capire come abbiano fatto a rivoluzionare l’organizzazione del lavoro nell’ufficio zurighese.

Certo, aggiungiamo noi, il Ministero degli esteri avrebbe potuto avvalersi dei consigli dei due precedenti titolari dell’ufficio e invocare l’intervento, per esempio, del. dr. Francesco Barbaro, un diplomatico di raro valore, che per primo ebbe l’audacia nel gennaio del 2015 di ribaltare gli assetti organizzativi del consolato generale .

Parimenti, si poteva sentire il suo successore, il console generale Giulio Alaimo, che ha mantenuto inalterati i precedenti moduli lavorativi riservando ai cittadini e agli utenti una ammirevole attenzione. E, invece, niente di tutto ciò, si è preferito ignorare il patrimonio di esperienza acquisito, stendendo un velo di silenzio su un esperimento organizzativo per molti aspetti magnifico.

Ci domandiamo: cambierà ora qualcosa? Riuscirà il dr. Bertozzi a convincere i suoi superiori sulla necessità di ripristinare i moduli lavorativi del ”quinquennio glorioso”? Lo diciamo con rammarico, ma non nutriamo in proposito molte speranze. Quello però che più ci ferisce è il silenzio del Ministero degli esteri, che non ha mai voluto spiegare le ragioni dell’annullamento unilaterale di un assetto organizzativo, che era eccellente sotto ogni riguardo.

Gerardo Petta

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