Lo rivela una ricerca condotta da Relate in collaborazione con l’Università di Lancaster in Inghilterra
Il mondo moderno, si sa, si basa sulla velocità. Basta guardare all’informazione, con le tecnologie moderne che offrono a tutti di accedere alle notizie, di mettersi in contatto, di entrare a far parte di conoscenze, di abitudini, di mode. La velocità, però, non ha solo a che fare con le opportunità, ma interferisce anche con l’esistenza delle persone, cioè con la loro interiorità. Certi fenomeni interiori o esistenziali che avevano fasi e tempi più cristallizzati e definiti, oggi sono sottoposti ad un’accelerazione prima impensabile. Prendiamo, ad esempio, la famosa crisi del settimo anno nel rapporto familiare e matrimoniale. Ebbene, tutti sanno che da qualche lustro a questa parte il settimo anno non è più la fase della prima crisi – un tempo spesso, in qualche modo, facilmente superabile – ma quella del secondo o terzo matrimonio.C’è un solo aspetto dell’esistenza delle persone che al posto di essere accelerato si è allungato nei tempi, ed è l’età del matrimonio (quando c’è) e del primo figlio, eventi che si collocano abbastanza spesso oltre i trentacinque anni, quando non sulla soglia dei quaranta e più. A parte questo, dicevamo, certe esperienze, certe situazioni, certe fasi dell’esistenza hanno subito accelerazioni. Accadono, insomma, prima, molto prima rispetto ad una volta. C’è un’organizzazione in Inghilterra, chiamata Relate, che si occupa di consulenze familiari, che in collaborazione con la Lancaster University, ha svolto un’indagine che ha coinvolto duemila persone di età differenti per focalizzare i disagi dell’esistenza di uomini e donne rispetto alle fasi della vita di ognuno. Ebbene, una volta scoppiava (o poteva scoppiare) la crisi, intorno ai cinquant’anni. Accadeva che di fronte all’avvicinarsi della vecchiaia e di quell’appuntamento a cui nessuno sfugge, con il suo carico di malattia e di mistero, se non di paure, l’uomo o anche la donna precipitavano in un periodo di crisi, dovuta magari a problemi sul lavoro oppure a disagi esistenziali che facevano sprofondare nella depressione o anche – ma accadeva più raramente – in situazioni che intorno a quell’età facevano saltare coperchi fino ad allora ben saldi e che si traducevano in un cambiamento radicale della propria esistenza: abbandono della moglie o del marito (più moglie che marito), fuggendo senza dare più notizia di sé o più frequentemente correndo appresso a una gonnella più giovane.
Era la crisi di mezza età. La ricerca, pubblicata nei giorni scorsi, ha dato risultati sorprendenti. Un quinto dei soggetti intervistati tra i trentasei e i quarantaquattro anni ha rivelato di aver sofferto o di soffrire di depressione e solo il 13% delle persone intorno ai sessantacinque anni ha ammesso di essere preda degli stessi sentimenti. Il mondo si è capovolto. Una volta era esattamente il contrario. Attorno ai 30-40 anni si viveva abbastanza bene, in una fase di maturità giovanile, con una famiglia, figli ancora adolescenti, un lavoro stabile e magari piacevole. La crisi era ancora lontana, insomma era il periodo costruttivo e solido della propria esistenza. Ora, invece, all’interno del gruppo di età più giovane, la maggioranza ha ammesso di non avere abbastanza tempo per la famiglia o per gli amici perché presi dal lavoro che assorbe moltissime energie.
Uno su tre ha riconosciuto che le sue relazioni interpersonali subiscono immediati miglioramenti appena il carico lavorativo diminuisce. Dunque, il lavoro è diventato stressante. I nemici principali – si stenterebbe a crederlo – sono il telefonino e il blackberry, lasciati sempre accesi per avere il controllo della situazione, per cui lo stress sul lavoro si spande nel tempo oltre il lavoro. Per molte coppie giovani il cellulare e gli altri strumenti tecnologici di informazione sono occasioni di crisi perché creano sospetti di tradimenti. La crisi arriva sui trent’anni e anche prima dei quaranta, quando lo stress da lavoro e la crisi dei rapporti personali e matrimoniali sono interdipendenti. Afferma Cary Cooper, il docente di psicologia della Lancaster che ha curato la ricerca: “Tradizionalmente la crisi di mezza età colpisce l’uomo verso i 50 anni, forse di più quelli non felicemente sposati che sentono il bisogno di tornare giovani e così iniziano a comportarsi come tali, comprando una macchina sportiva o lasciando la moglie per una modella. Era soprattutto a questo gruppo che la ricerca si rivolgeva, ma i dati hanno fatto emergere con prepotenza la realtà del gruppo più giovane. Sono loro ad essere i più soli, imprigionati nella loro carriera, con poco tempo da dedicare alle relazioni interpersonali.
Non sto dicendo che dobbiamo prendere a esempio il modello francese delle 35 ore settimanali lavorative, ma dobbiamo essere più intelligenti e trovare una soluzione. La tecnologia ti permette maggiore flessibilità e più produttività, e questo è un messaggio che molti uomini non hanno ancora compreso”. Non siamo ancora all’altezza del progresso, che ci ha scombussolato i tempi del nostro percorso esistenziale tradizionale, per cui anche quando ci stiamo per sposare o il nostro partner ci sta comunicando un bisogno di aiuto, noi non ascoltiamo, presi come siamo dai nostri problemi. Il risultato è che le crisi esistenziali ci colpiscono prima ed è duro riprendersi, perché dopo in genere è sempre il peggio a venire.