Giorgia mi chiede un’opinione sulla dieta dei gruppi sanguigni. La ringrazio, perché mi dà l’occasione di invitarvi a chiedervi sempre “perché”, quando decidete di cambiare alimentazione.
D.: Cosa ne pensi della dieta dei gruppi sanguigni (dott. Mozzi)
Cara Giorgia, la dieta a cui fai riferimento, concepita in modo indipendente dai dottori Peter D’Adamo e Pietro Mozzi, si basa sull’assunto che, a seconda del gruppo sanguigno di una persona, questa reagisca in modo diverso al cibo, a seguito di una serie di interazioni tra il cibo e il suo sistema immunitario. D’Adamo giustifica poi questo legame correlando la comparsa dei diversi gruppi sanguigni all’evoluzione delle abitudini alimentari (0 cacciatori, A agricoltori, B pescatori, AB misto tra i due).
L’idea è senz’altro affascinante e molte persone, attratte da questo concetto, hanno ottenuto buoni risultati facendo questa dieta. Questi risultati però non hanno nulla a che vedere con le motivazioni che ho appena descritto, che, ahimé, non hanno granché di scientifico.
Essere di un gruppo sanguigno significa avere o meno determinate molecole sulla superficie dei propri globuli rossi e avere o meno gli anticorpi contro queste molecole degli altri gruppi. Chi è di gruppo 0, per esempio, ha anticorpi contro il sangue degli individui A, B e AB; chi invece è AB non ha anticorpi contro alcun altro gruppo.
Questa caratteristica non è in alcun modo associata alla reattività verso un determinato cibo. Se così fosse, vorrebbe dire (detto moooolto semplicisticamente) che il gene per un certo gruppo sanguigno è sullo stesso cromosoma di quello che determina le reazioni dell’organismo a un cibo. Peccato che, mentre si formano le cellule germinali (cellula uovo e spermatozoo) con il processo chiamato meiosi, i geni allineati sullo stesso cromosoma vengano “rimescolati” tra loro, quindi se i geni A e B sono vicini tra loro nelle cellule della madre, potranno non esserlo in quello del figlio. Ecco perché fratelli nati dagli stessi genitori possono essere diversissimi tra di loro!
Se il metodo poggia su una base non scientifica, dunque, perché funziona? Per due ragioni, una psicologica e l’altra fisiologica.
La ragione psicologica è che se un individuo sente di “appartenere” a un gruppo, sarà più motivato a seguire dei principi che crede benefici in particolare per il suo gruppo, piuttosto che delle linee guida generali.
La ragione fisiologica è che questa dieta, comunque, limita o elimina l’assunzione si alimenti che vengono normalmente consumati in eccesso, provocando infiammazione da cibo e di conseguenza ingrassamento e gonfiore: latticini, cereali contenenti glutine e fermentati. Inoltre limitano il consumo di carne rossa, ricca di grassi saturi e quindi, anch’essa infiammante se consumata troppo spesso.
In conclusione, viva la libera scelta in fatto di diete, a patto però che sia basata su solide ragioni e non su fantomatiche correlazioni pseudoscientifiche.
Ipercritici saluti (ma a fin di bene!) dalla vostra consulente alimentare
Tatiana Gaudimonte