
©Ti-Press/Carlo Reguzzi
Metti, l’Italia degli Anni Sessanta. L’Italia del boom economico, per chi lo poteva sognare.
Per molti, quindi, ma non per tutti. In particolare, non per una famiglia di Pescara, che prende una decisione.
“Mio padre faceva il carrettiere, ed a quei tempi il suo mestiere era finito”, racconta Angelo Renzetti. “Avevamo dei parenti. Vivevano a Lucerna. Lavoravano in fabbrica. Quindi, anche la mia famiglia nel 1964 decise di trasferirsi nella Confederazione.”
Già, la Svizzera, che allora era il nuovo mondo ai confini della Repubblica.
Ecco quindi che tocca ad un giovanissimo Angelo Renzetti, classe 1954, da Pescara, già nel 1960 precedere i parenti ed arrivare in collegio, nella Svizzera Italiana, destinazione Bellinzona.
Oggi come allora, la scuola è palestra di vita.
Ma allora più di oggi, anche per il giovane studente di Pescara, la scuola è stata la anticamera di una società del tutto nuova e nella quale lui, da italiano, si sarebbe dovuto integrare.
In gioventù una passione: il football.
Su campo di calcio incontra Eugenio Jelmini,

giornalista, personaggio televisivo RSI ed oggi suo biografo, che così descrive Renzetti con un pizzico di nostalgia: “faceva il portiere, fisico importante, maglia verde, Ma sorriso smagliante”.
Già, gli Anni Settanta.
È in questo periodo che Angelo Renzetti completa i suoi studi: disegnatore edile e scuola tecnica, poi inizia la professione in un atelier di architettura, ed infine rileva la impresa di un amico.
Quindi sul campo e nella professione, l’ormai ex-emigrato forma il suo carattere: rispetto per gli impegni presi, precisione nel lavoro, atteggiamento propositivo verso le novità della vita, e non solo verso quelle.
A questo punto si potrebbe immaginare che il Renzetti imprenditore in terra di Elvezia si incammini verso un destino professionale rispettato e tranquillo
Giusta ricompensa di una esistenza quieta ma industriosa.
Invece no. Perché, come sempre, tocca al destino scombinare le carte.
Infatti un giorno, al concludersi del primo decennio di questo secolo ancora ricco di sorprese, Enrico Preziosi, imprenditore per mestiere ma anche collezionista di cariche calcistiche per passione, incontra Renzetti e gli cede le quote del Lugano Football Club-FCL, quello che tifosi e stampa chiamano “i bianconeri”.
E qui facciamo una breve pausa, per chiarire che a quei tempi l’FCL stava risorgendo da un passato finanziario, gestionale e sportivo a dir poco altalenante.
Il futuro della squadra e le ambizioni sportive di un intero cantone arrivano quindi nelle mani di Renzetti, poi trovatosi solo alla testa della proprietà, senza alcuna garanzia di lieto fine per i suoi sforzi.
È in quel periodo, ricorda il giornalista Jelmini, che Renzetti “mi chiese di dargli una mano nella comunicazione. L’uomo è geniale e generoso, a tratti impulsivo. Ama dire ciò che pensa, ma sa “radiografare” gli interlocutori, ha coraggio come pochi negli affari e nel calcio. È una persona vera e di valore. Un amico come pochi”.
Se la costanza è la virtu’ dei forti, nel caso di Renzetti, con il passare degli anni la costanza si è rivelata essere la virtu’ di un personaggio vincente anche a livello internazionale.
Perché nell’estate 2021 la squadra bianconera viene acquistata dall’ americano, Joe Mansueto il cui profilo, per una coincidenza del destino, in terra statunitense ricorda il percorso professionale di Renzetti in terra di Elvezia.
Anche Joe Mansueto infatti ha origini italiane, ed in America ha fatto fortuna, ma affermandosi come operatore finanziario.
Per motivi anagrafici oggi Angelo Renzetti è, anzi, dovrebbe essere, un pensionato.
Ma certamente non smette di interessarsi alla società in cui vive e che lo ha accolto ormai più di sessant’anni fa.
Il perché è presto spiegato: conclusa la esperienza al Lugano Calcio, Renzetti oggi è ancora circondato dall’affetto e dalla stima di un intero cantone.
Ci parla a ruota libera delle sue esperienze, dei suoi affetti e di un suo futuro magari non del tutto in pantofole.
Ma andiamo con ordine.
L’affetto e la stima dei tifosi “è una delle cose che mi è restata dalla avventura come Presidente del Lugano Football Club. Mi sorprendo che la gente si ricordi di me”, osserva con innata modestia, “anche dalle persone che non conosco, ovunque io vada. Il mio impegno nello sport, lo ammetto, mi è costato, ma fa piacere”.
Ma lo sport non è tutto per Renzetti: “guardando alle esperienze della mia vita”, commenta il già presidentissimo del team della città del Ceresio, “sono contento di quello che sono riuscito a fare: perché me lo sono cercato, non ho avuto colpi di fortuna”.
Anche i legami con la sua terra di origine hanno un posto importante nella scala dei valori di Renzetti. “in Ticino, dove vivo, dopo la scomparsa dei miei genitori, il mio riferimento familiare è mia sorella, in passato insegnante; vive ad Ascona. Poi, sono ancora molto legato a Pescara, dove ci sono i miei cugini. Comunque, lo riconosco: quando sono all’estero ho nostalgia del Ticino, che è una regione di prossimità all’Italia”.
Ci può parlare della sua candidatura alle elezioni Comites 2021?
“Anche se non ho aspettative”, commenta Renzetti, “mi sono candidato perché me lo hanno chiesto. Per mio carattere, io fatico a dire di no. È un mio difetto, lo ammetto: ma sento che questa nuova sfida potrebbe anche appassionarmi.”
“Ed eccoci qui”, ci avviamo al termine richiamando il ritratto di Renzetti scritto da Eugenio Jelmini, altro tifosissimo dei bianconeri:” il personaggio è spesso sotto le luci dei riflettori ma è anche a suo modo schivo. Si è fatto strada nella vita dopo gli anni in collegio” e dopo essere arrivato a Locarno attraversando la Piazza Grande, quella del famoso Festival Cinematografico, “spingendo il carretto del padre con le poche masserizie del trasloco”, ma sempre con “il coraggio di buttarsi in imprese che ad altri sembravano impossibili”.
Ma non è tutto: il biografo Jelmini annota, e noi con lui al termine di questo incontro con il presidentissimo bianconero, che quella di Renzetti “è la storia di un uomo, spesso solo. Ma sempre animato dal sacro fuoco di non vivere lo stesso giorno due volte”.
di Andreas Grandi