Sentenza (del Tribunale federale) 5A_487/2014 del 27 ottobre 2014
Un creditore ha escusso un suo debitore, basandosi su un attestato di carenza di beni rilasciato a seguito del fallimento del debitore. Quest’ultimo ha contestato l’esecuzione tramite opposizione, motivando per iscritto di non essere tornato a miglior fortuna. L’Ufficio d’esecuzione ha poi chiesto al debitore una precisazione in merito alla sua opposizione, nonché di comunicare se l’obiezione fosse avvenuta unicamente per mancanza di nuovo patrimonio o se venisse contestata anche la richiesta di pagamento. Siccome il debitore non aveva preso posizione in merito, l’Ufficio d’esecuzione si è rivolto al Tribunale di prima istanza domandando la verifica dell’ammissibilità dell’opposizione. Il Tribunale ha deciso di non accogliere l’opposizione – non rimuovendola però formalmente – ed il creditore ha potuto procedere con l’escussione. Tuttavia, l’Ufficio d’esecuzione si rifiutava d’accogliere la richiesta di continuazione della procedura di escussione in quanto l’opposizione del debitore non era stata rimossa formalmente. Il creditore ha a questo punto fatto ricorso all’autorità di vigilanza, chiedendo l’immediata continuazione dell’esecuzione. Non avendo però il Tribunale d’appello accolto il ricorso, il creditore si è rivolto al Tribunale federale.
Il Tribunale federale doveva verificare, se l’opposizione del non ritorno a miglior fortuna fosse da intendere unicamente come un’obiezione per mancanza di ottenimento di nuovo patrimonio, o se si riferisse alla domanda di esecuzione nel suo insieme. Per rispondere a questa domanda ci si è basati sul principio di fiducia, secondo cui l’opposizione ad un precetto esecutivo non è vincolata a nessun presupposto scritto. Alla luce di ciò, non si può dedurre da una richiesta contestata in un esecuzione, che il debitore rinunci al suo diritto di far verificare una richiesta di pagamento da parte di un giudice.
Conseguentemente, il Tribunale federale ha sentenziato che partendo da una richiesta di pagamento non contestata in sede di fallimento, non si può automaticamente dedurre che il debitore rinunci al suo diritto di lasciar verificare tale richiesta di pagamento da un giudice. Questo tipo di contestazione è quindi da intendere come “opposizione (e) mancanza di nuovo patrimonio”. Il ricorso del creditore non è stato pertanto accolto.1
1 Art. 265 LEF
E. Attestato di carenza di beni
1. Contenuto ed effetti
1 All’atto della ripartizione finale ciascun creditore riceve, per l’ammontare rimasto scoperto del suo credito, un attestato di carenza di beni, nel quale si indica se il credito sia stato riconosciuto o contestato dal fallito. Nel primo caso, l’attestato di carenza di beni vale come riconoscimento di debito a’ sensi dell’articolo 82.
2 L’attestato di carenza di beni permette di chiedere il sequestro e produce gli effetti enunciati negli articoli 149 capoverso 4 e 149a. Tuttavia, non si può promuovere una nuova esecuzione, in base al medesimo, se non quando il debitore sia ritornato a miglior fortuna. A tale effetto si tien conto anche dei beni di cui il debitore disponga economicamente.
Art. 265a LEF
2. Determinazione del ritorno a miglior fortuna
1 Se il debitore si oppone al precetto esecutivo contestando di essere ritornato a miglior fortuna, l’ufficio d’esecuzione trasmette l’opposizione al giudice del luogo dell’esecuzione. Questi statuisce dopo aver sentito le parti; contro la decisione non è dato alcun mezzo di impugnazione.2
2 Il giudice ammette l’opposizione se il debitore espone la sua situazione economica e patrimoniale e rende verosimile di non essere ritornato a miglior fortuna.
3 Se il giudice non ammette l’opposizione, esso determina in quale misura il debitore è ritornato a miglior fortuna (art. 265 cpv. 2). Il giudice può dichiarare pignorabili i beni appartenenti a terzi ma di cui il debitore dispone economicamente, qualora il diritto del terzo si fondi su una atto compiuto dal debitore nell’intenzione riconoscibile per il terzo di impedire il ritorno a miglior fortuna.
4 Il debitore e il creditore possono promuovere l’azione di contestazione o accertamento del ritorno a miglior fortuna davanti al giudice del luogo dell’esecuzione, entro venti giorni dalla comunicazione della decisione sull’opposizione.
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