Il fervido ambiente artistico di Zurigo ha scelto di dare spazio e visibilità a due artiste italiane, Anna Tedone e Stefania Mincuzzi, che esporranno le loro opere durante il vernissage che prenderà vita il 27 maggio dalle ore 18:00 presso i locali sulla Wyssgasse 9 della città sulla Limmat. Un’esposizione dedicata all’estro e alle opere di due donne che hanno fatto dell’arte una possibilità di espressione del proprio mondo interiore a contatto con la realtà nella quale si sono trovate a vivere e che le accomuna.
Dall’offerta spontanea e allettante di un’amica comune, Simona Gabbani, che ha proposto uno spazio espositivo ideale, nasce la mostra condivisa Ephemerality, letteralmente caducità, nella quale le due artiste mettono l’accento sugli aspetti più fragili ed effimeri dell’esistenza, ponendo al visitatore importanti spunti di riflessione. Ma l’arte è fatta di sfaccettature, di “riflessioni” che possono avere diverse sfumature, proprio come un cristallo colpito da un fascio di luce che riflette le diverse cromie e ognuno sceglie quale ammirare. Così la mostra è anche l’espressione di una bellissima intesa tra amiche, della sensibilità verso l’arte e soprattutto della condivisione di un progetto impegnativo e notevole: insomma quante volte lamentiamo la non disponibilità dell’altro? Anna e Stefania, mettono in mostra sì il loro aspetto creativo di grande impatto visivo certamente, ma ci raccontano anche il valore dell’amicizia, della solidarietà tra professionisti e perché no, anche tra connazionali, un aspetto di grande impatto sociale e umano.
Conosciamo meglio le due protagoniste dell’evento espositivo e il percorso che, dall’Italia alla Svizzera, ha permesso loro di dare forma e colore alle tele di questo viaggio.
Cosa ci raccontate di voi?
Anna: Sono Anna Sabina Tedone e vengo dall’Italia. Mi sono trasferita in Svizzera, dopo il matrimonio, circa vent’anni fa, poche settimane prima che dessi alla luce il mio primo figlio. Sono pugliese di origine, dove sono nata e cresciuta, e lombarda di adozione, dove mi sono spostata per motivi di lavoro per poco più di un decennio, prima di espatriare. Adesso vivo in Argovia con la mia famiglia, marito e due figli e da qualche anno, non solo ho ripreso prepotentemente a dipingere, ma ho cominciato a partecipare a mostre, sia in Italia che all’estero.
Stefania: Giurista di formazione professionale, ho preferito guardare negli occhi della gente ed imparare a “sentirla”. La mia naturale propensione al contatto umano mi ha portato ad abbandonare qui in Svizzera qualunque velleità di carriera in campo giuridico. Vivo con mio marito e le mie due figlie da diciassette anni in Svizzera tedesca per il lavoro del mio compagno, sono stata responsabile del gruppo dei genitori di lingua italiana al Familienzentrum di Brugg e da dieci anni, sempre in questo centro di integrazione sociale, lavoro come capogruppo nel campo dell’assistenza all’infanzia. Sono traduttrice per il comune di Brugg ed animatrice della lettura in italiano. La definizione più rappresentativa della mia persona è quella di sognatrice ad occhi aperti.
Come è stato il vostro impatto con la realtà svizzera?
Anna: Arrivare da adulti in un paese straniero comporta diversi ostacoli, non ultimo quello della lingua. Tuttavia la conoscenza dell’inglese mi è stata di aiuto. In seguito ho frequentato dei corsi per apprendere il tedesco, ma ancora oggi la mia seconda lingua preferita è l’inglese, che pratico giornalmente, perché ho sposato un cittadino svedese ed è la lingua che abbiamo scelto di adottare in casa, anche con i nostri figli.
Stefania: L’impatto con la realtà svizzera è stato come una raffica di vento tagliente in pieno volto scoperto. La nebbia alta quasi perenne, l’eccessivo freddo, la mancanza del mare, la solitudine, una lingua ostica ed un dialetto incomprensibile da imparare, la distanza della gente… Imparare la lingua tedesca è stato fondamentale per la mia integrazione, nonostante la mia buona conoscenza anche del francese. Ho poche, ma buone amiche svizzere, ma ancora mi mancano quei begli abbraccioni che tanto riscaldano il cuore, ai quali sono stata abituata.
Siete due donne piene di interessi e impegni, oltre alla pittura quali sono le vostre passioni?
Anna: Oltre alla passione della pittura, che mi ha catturato da bambina, ho scoperto di avere una vena creativa anche nella scrittura, tanto che sono già in contatto con un editore italiano per pubblicare il mio primo romanzo. Inoltre mi piace leggere di tutto (romanzi per lo più gialli e distopici classici o contemporanei, ma anche poesie) e lo faccio indifferentemente in italiano o in inglese; sono appassionata della mitologia greca; mi piace conoscere le specie botaniche; ho esperienza nella realizzazione di ricami e pizzi; ho una modesta cultura nell’arte culinaria e mi piace sperimentare nuove ricette, oltre che riprodurre quelle di diverse cucine etniche.
Stefania: Un’altra mia grande passione è la danza. Da due anni faccio parte di un corpo di ballo professionista di salsa per sole donne. In Italia, mentre frequentavo l’università, ho insegnato danza, ho fatto volontariato in ospedale per i bambini affetti da talassemia, ho frequentato il centro per i minorati dell’udito e della favella di Bari e, dopo due anni di corso per diventare interprete della lingua dei segni, ho svolto questo lavoro.
Parliamo dell’arte pittorica, passione che vi accomuna. La vostra arte è fatta di immagini, ma qui dovete spiegarla in parole: come descrivereste la vostra arte e il percorso artistico che avete fatto fino adesso?
Anna: Già alla scuola primaria ho incrociato un rinomato pittore locale del mio paese d’origine, Mauro Grumo, che a scuola ci dava lezioni di disegno e uso di tecniche e supporti diversi. In seguito, a Milano, ho frequentato per alcuni mesi l’Accademia di belle arti di Brera, che purtroppo ho dovuto lasciare per impegni lavorativi. Piano piano questa passione è cresciuta fino a diventare pratica quotidiana e da lì alle mostre il passo è stato breve e quasi obbligato. Il percorso dunque è stato tutto in salita poiché, non avendo fatto studi artistici completi (sono fondamentalmente autodidatta), ho dovuto fare il triplo degli sforzi per affinare la tecnica pittorica più consona alla mia sensibilità. I miei maestri sono state le opere dei pittori che ho amato (Klimt, Guttuso, Schiele, De Lempicka oppure Michelangelo o Caravaggio, tanto per nominarne qualcuno) che mi hanno dato la spinta a perseverare nella mia arte e oggi sono fiera e soddisfatta dei traguardi raggiunti.
Stefania: Mi è sempre piaciuto disegnare, ma non ho mai dipinto, se non a scuola. Non mi sono mai ritenuta degna di una forma d’arte così sublime perché mi ritenevo incapace. Quando, circa dieci anni fa, ho avuto bisogno di frenare una crescente irrequietezza interiore, ho sentito che la pittura era il tassello mancante, che mi avrebbe fatto sentire di nuovo completa ed appagata. Da allora è diventato un mio bisogno vitale. La mia arte con gli anni è diventata sempre più impulsiva. Ora getto del colore sulla tela, lo lavoro con diversi materiali e sostanze e poi mi metto a contemplare ciò che è venuto a crearsi. È come se il quadro divenisse una entità a sé stante e rendesse visibile ai miei occhi ciò che nascondo nel più intimo. Una volta che il quadro mi si è manifestato, inizio a dipingere col pennello, per evidenziare o rendere più percepibile il suo contenuto. All’inizio di questo mio percorso artistico ho avuto un incontro fortunato. Una pittrice triestina, Erika Zettin, ha voluto vedere le mie opere. Avevo dipinto i miei primi tre quadri e lei ha visto subito in me un talento. Mi ha preso sotto la sua ala protettrice insegnandomi ciò di cui avevo bisogno e mi ha consentito di condividere con lei il suo atelier. Ho un bellissimo ricordo di quegli anni. Successivamente ho vinto un concorso di arte del mio comune di residenza, Brugg, con la possibilità di esporre nello storico edificio della Salzhaus. Da quel momento in poi non ho più smesso di esporre e di essere selezionata per mostre in tutto il mondo.
Presto sarete protagoniste di una mostra d’arte a Zurigo, dove avrete modo di esporre le vostre opere. Una grande occasione per voi, come è giunta?
Stefania: Con Anna Tedone condivido da anni il desiderio di esporre a Zurigo. L’occasione mi si è presentata quando una mamma del mio ex gruppo dei genitori italiani del Familienzentrum, Simona Gabbani, con la quale ho stretto negli anni una salda amicizia, mi aveva comunicato di aver acquistato un locale commerciale da adibire a studio per la sua professione di psicologa e psicoterapeuta. Senza alcun indugio e molto volentieri, me ne ha consentito l’uso per una mia mostra d’arte. Approfitto per ringraziarla per il suo gesto estremamente gentile, altruistico ed amichevole. A mia volta non potevo non condividere questa occasione, tanto splendida quanto fortunata, con la mia amica Anna, che il destino ha voluto fosse stata la maestra di lingua italiana dei figli della mia amica psicologa. È come un bel cerchio che si chiude in nome dell’amicizia e dell’amore per il prossimo.
Anna: Ovviamente corre l’obbligo di ringraziarla ancora una volta pubblicamente per la sua bontà d’animo e sensibilità che la contraddistingue come persona.
La mostra ha un titolo interessante, Ephemerality, spiegateci il filo conduttore della vostra esposizione zurighese…
Anna: Il tema della mostra rimanda alle fragilità e alla precarietà dell’esistenza terrena, ossia ad una vita passata in bilico e nell’incertezza di un destino di morte che non risparmia nessuno.
Questo, insieme a quelli sociali, è uno dei temi cardine della mia poetica. Pertanto le mie opere, quanto quelle della mia amica Stefania, raffigurano aspetti di questa caducità (ephemerality, appunto vuol dire caducità, effimero in inglese) e vogliono essere un invito a riflettere.
Stefania: Il tema della caducità è ricorrente nei nostri dipinti, per cui è stato facile trovare un filo conduttore nelle opere scelte per la nostra mostra. L’effimero, che ne è il titolo, ne è solo una sfumatura. La caducità ha fatto sentire la sua forza dirompente soprattutto nella mia ultima produzione. Quest’ultima, figlia della pandemia, ha visto sgretolarsi tante sicurezze e con esse anche la gioia. Hanno dominato il bianco ed il nero.
Cosa offre la Svizzera a due artiste italiane: quanto la quotidianità svizzera incide sulla vostra espressione artistica e quanto, invece, le origini italiane riaffiorano sulle vostre opere?
Stefania: La Svizzera offre più possibilità per gli artisti: ad esempio, si può trovare più facilmente un comune che finanzi una mostra d’arte, anche personale, per cui direi che rispetto all’Italia sia più facile far conoscere la propria arte. Una maggiore stabilità ed un maggior reddito pro capite fanno sì che ci sia anche un mercato più vivace. Sono una ragazza di mare che adesso vive all’incrocio di tre fiumi. L’acqua è un elemento che fa parte di me e che ciclicamente ritorna nei miei quadri perché non ne ho mai interrotto il contatto quotidiano. Anche se ora non vivo più a Bari, porto con me un sole interiore che riesce ad illuminare una vita che non ha confini territoriali, ma che è nel mondo.
Anna: Se dovessi definirla, direi che la mia pittura non può essere catalogata in un genere preciso, né ha origine da un determinato fattore scaturente. È sicuramente figurativa, ricca di dettagli che diventano simboli e rimandano ad altri significati, di primo acchito non del tutto palesi. Tali spunti di riflessione sono come le briciole della famosa fiaba e offrono al visitatore una chiave di lettura per dipanarne il significato profondo.
di Eveline Bentivegna
Informazioni sull’esposizione e contatti:
Anna Sabina Tedone
Instagram: anna1ted
Facebook: Анна Тедоне (Anna Tedone)
Blog: www.pindaricart.com
Stefania Mincuzzi
Sito: mincuzzis.wordpress.com