Gli ultimi risvolti della controversia tra Berna e Tripoli
Durante il discorso, tenutosi a Bengasi, in occasione dell’anniversario della nascita di Maometto, il leader libico Muammar Gheddafi ha lanciato un appello alla Jihad contro la Svizzera. È l’ennesimo atto di uno scontro che oramai dura da quasi due anni, da quando cioè, nel 2008, uno dei figli di Gheddafi, Hannibal, fu fermato a Ginevra per maltrattamenti verso due domestici e rinchiuso in carcere con la moglie. Affronto che ha scatenato tutta una serie di scontri tra le due nazioni.
Per la dichiarazione della guerra santa, Gheddafi fa riferimento al recente referendum svizzero del 29 novembre in cui gli elvetici decisero, con una maggioranza del 57, 5%, di vietare la costruzione di nuovi minareti sul territorio della Confederazione.
“Dobbiamo proclamare con tutti i mezzi la Jihad contro l’infedele e apostata Svizzera – ha affermato il leader libico durante il suo intervento – Qualunque musulmano nel mondo che abbia fatto accordi con la Svizzera è un infedele (ed è) contro l’Islam, contro Maometto e il Corano”. Inoltre Gheddafi ha dichiarato che “Se la Svizzera fosse stato un nostro Paese confinante le avremmo dichiarato guerra”, rendendo ancora più chiaro il suo pensiero in proposito. Si è poi anche espresso per spingere i musulmani a boicottare la Svizzera: “Bisogna che i musulmani si mobilitino in tutti i Paesi del mondo islamico per non far atterrare aerei svizzeri, per non far attraccare navi e per non far arrivare prodotti nelle loro terre”.
Da Berna invece è ferma la decisione di non ritirare la lista nera contenente 188 nomi di personalità libiche tra cui figura anche quello di Gheddafi. Nonostante le esortazioni da parte di Italia e Malta di ritirare la lista, la Svizzera non ha intenzione di indietreggiare in questo senso. Al termine di una riunione a Bruxelles con i ministri degli Interni dei ventisette membri dell’Unione Europea, il ministro della Giustizia Eveline Widemer-Schlumpf ha dichiarato sulla vicenda: “Siamo membri dello spazio Schengen e come ogni altro membro noi abbiamo il diritto di applicare queste disposizioni”, in risposta a chi ha accusato il Paese elvetico di utilizzare impropriamente questo strumento di cooperazione internazionale “per risolvere controversie bilaterali come quella tra Berna e Tripoli”, come affermato dal ministro italiano Roberto Maroni.
Nel frattempo in Svizzera ci si interroga sull’effettiva attendibilità delle minacce del leader libico. Dal Centro di ricerca sul mondo arabo e mediterraneo di Ginevra, il direttore Hasni Abidi ha rassicurato sulla vicenda sostenendo che Gheddafi non è legittimato dal punto di vista religioso a lanciare appelli alla guerra santa né le sue parole godono di credito nel mondo musulmano. Sostiene, infatti, Abidi che “La Libia è a fianco degli Americani nel combattere organizzazioni quali al Qaida, e ha molto da temere da esse. Le parole di Gheddafi intervengono in un contesto bilaterale -rileva ancora- e per la jihad occorrono altre condizioni”.