Secondo alcuni scienziati i pesci sentirebbero dolori
Il senso di sentire il dolore fisiologico degli esseri umani funziona tramite la nocicezione, ovvero il processo sensoriale che rivela la sensazione del dolore. Il tutto avviene attraverso i nocicettori, recettori specializzati che riconoscono gli stimoli in grado di produrre un danno tissutale. Questi recettori mandano segnali elettrici tramite i nervi e il midollo spinale al cervello che produce la sensazione del dolore. Può capitare, però, che non per forza deve costruirsi un’esperienza di dolore, anche se si è feriti, ma la paura, ad esempio, può far crescere il senso di dolore o può perfino creare dolore anche senza aver subito un danno al tessuto. Al contrario ogni stimolazione dei recettori può essere stata elaborata dal cervello senza che l’organismo abbia un sentimento di dolore, questo principio viene usato ad esempio durante le anestesie.
Finora gran parte degli scienziati sostiene che i pesci non sentono dolore, come ad esempio l’ecologo tedesco Robert Arlinghaus. Lo studioso tedesco sostiene, infatti, che le ossa dei pesci siano in grado di percepire alcuni stimoli, ma che questi “vengono assimilati molto probabilmente inconsapevolmente e senza un sentimento di dolore”. Inoltre ai pesci mancherebbe la necessaria struttura del cervello per la sensibilità al dolore. Già qualche anno fa la ricercatrice Victoria Braithwaite della Penn State University negli USA, ha fatto vari sperimenti sulla percezione del dolore di pesci, non raggiungendo però un risultato del tutto chiaro. Durante gli sperimenti con trote Braithwaite, insieme ad alcuni colleghi, ha messo sotto anestesia i pesci per poi iniettare acido acetico nella zona della bocca. Il team ha osservato che i pesci dopo questo trattamento non mangiavano più, che non avevano più il riflesso della fuga, ma che avevano un battito del cuore elevato. Mostravano, cioè, le stesse reazioni dei mammiferi che soffrono di dolore. “E quello che davvero non ci si aspettava era che dopo aver iniettato l’acido acetico sulla bocca dei pesci, hanno iniziato a stropicciarla. Cercavano ostinatamente una superficie, come un sasso o un vetro, dove potersi stropicciare la bocca. Ancora è difficile dire il perché, ma è molto probabile che l’acido abbia irritato la pelle”.
Alcuni scienziati, quindi, sostengono proprio il contrario di quanto sostiene Arlinghaus, “i pesci mostrano tutti i presupposti per una percezione cosciente di dolore”, come spiega Claudia Kistler, biologa e una dei responsabili della piattaforma www.fischwissen.ch. Diversi studi avrebbero mostrato che i pesci, allo stesso modo dei mammiferi e degli uccelli, dispongono di questi recettori che trasmettono gli stimoli del dolore al sistema nervoso centrale.
Se questi recettori sono stimolati da temperature eccessive, prodotti chimici dannosi o pressione meccanica, allora è paragonabile all’attività dei funicoli dei nervi spinali. Inoltre sono stati osservati comportamenti come la ritirata, fuga o difesa, una posizione del corpo anomala o i cambiamenti nel mangiare come reazione al dolore. Nello stesso tempo secondo gli studi, al dolore segue una reazione vegetativa, come ad esempio una reazione della circolazione.
La legge svizzera sulla protezione degli animali vuol dire che nessuno ha il diritto di far male ingiustificatamente ad un vertebrato. I pesci sono considerati uguali come altri vertebrati, sostiene l’Ufficio federale di veterinaria, quindi anche in loro si riconosce la possibilità della percezione del dolore. Cosa effettivamente fa male ai pesci, rimane per noi umani inspiegabile. “Un pesce prova dolori come un pesce”, spiega Kistler. Il filosofo Markus Wild dell’Università di Basilea ha detto al giornale NZZ: “Se pesci sentono dolore è un tormento lasciarli soffocare come avviene nella pesca d’alto mare”. Questa novità quindi avrebbe conseguenze ampie per la pesca.