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19 April 2024
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STORIE di Gianni Farina

IDEE PER IL FUTURO DELL’EUROPA

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Dalla Conferenza di Luglio nelle aule parlamentari con il giornalista e politico Roberto Esposito

In questa situazione di stallo che ha visto uscire dall’Europa un Paese da ogni punto di vista decisivo come il Regno Unito, la doppia pressione dell’immigrazione e del terrorismo sta modificando ulteriormente la situazione.

Da un lato la peggiora sensibilmente, costringendo i governi europei a decisioni letteralmente di vita o di morte, in cui è in gioco la stessa sussistenza di ciò che il nome di Europa ha significato lungo il corso del tempo. Se chiudere i confini aperti da Schengen, secondo le pulsioni più regressive della sovranità statale, come vorrebbero i populisti e i demagoghi, in primis il capo della lega, Matteo Salvini, riporterebbe  il continente indietro di decenni, senza risolvere, e anzi aggravandoli, i problemi che si pongono, il procrastinarsi del caos attuale non otterrebbe esiti migliori.

Né l’immigrazione di massa, né il terrorismo fondamentalista sono affrontabili con gli strumenti, sempre più deboli, degli stati nazionali, vale a dire senza un coordinamento dell’informazione e dei dispositivi di accoglienza.

Soltanto rafforzando il controllo ai confini esterni del continente è possibile mantenere aperti quelli interni.

Così come solo la gestione unitaria dei flussi di popolazione in arrivo dalle zone di guerra e di sofferenza è in grado di distribuire equamente il carico dell’immigrazione tra i Paesi europei, alleggerendo il peso insostenibile di quelli costieri.

Stesso discorso nei confronti del terrorismo: senza una condivisione integrale delle informazioni all’interno e una politica comune all’esterno dell’Europa non è possibile tentare di prevenire gli attacchi e di rispondere efficacemente alla strategia del terrore.

Ma è immaginabile che quanto non si è riuscito a organizzare in diversi decenni si faccia in pochi mesi sotto la spinta degli eventi?

Tale dubbio spinge molti a rompere le righe sul fronte dell’integrazione, assecondando il populismo anti politico e le spinte nazionalistiche montanti in tutta Europa.

Chiudere le frontiere, illudendosi di essere al riparo dalla marea crescente, è più semplice che immaginare strade nuove e innovative sino ad ora apparse fuori dal nostro orizzonte. È quanto è accaduto in tutte le fasi tragicamente critiche che l’Europa ha conosciuto.

Soltanto se assunte come occasioni di trasformazione radicale, le crisi hanno avuto, al di là delle immediate ricadute negative, un effetto costituente.

E la prima idea di federazione europea non è nata, a Ventotene, a guerra ancora in corso?

A volte, sotto la pressione delle necessità, si è costretti ad anticipare quanto, in tempi migliori, appare ancora evitabile e differibile.

Una banca europea sovrana e autonoma dagli apparati politici nazionali, l’unificazione delle politiche di accoglienza, l’integrazione degli apparati giudiziari peri reati di terrorismo, la creazione di una polizia continentale per il controllo delle frontiere esterne, sono tutte cose possibili e necessarie di fronte a problemi che nessun Stato europeo è in grado di affrontare da solo. Naturalmente questi provvedimenti di emergenza non bastano se privi di un orizzonte comune capace di dare all’Europa una prospettiva di sviluppo e di riduzione dello scarto tra i Paesi più ricchi e quelli più poveri.

La missione specifica del grande spazio europeo all’interno dell’ancor più ampio spazio globale.

Nel corso dei secoli il pensiero europeo, tra un filo spezzato e il suo riannodo, ha sempre irradiato un messaggio – l’umanesimo italiano, l’illuminismo francese, l’idealismo tedesco –  di emancipazione che si richiamava a misure di uguaglianza tra ogni essere umano e ogni popolo.

Roberto Esposito afferma che la questione posta è come possa formarsi nel crogiuolo della storia un popolo europeo.

Attualmente – continua Esposito – non esiste e forse non esiste neanche più un unico popolo all’interno dei singoli Stati.

In ciascuno di essi, si fronteggiano due popoli, disuguali per risorse e opportunità.

Il popolo futuro dell’Europa può nascere solo da questo incontro.

Tornare a interrogarsi sul cammino virtuoso per uscire da questa situazione, immaginare un continente diverso e provare a realizzarlo – conclude, Roberto Esposito – può essere il compito futuro della filosofia europea.

Per quanto ci riguarda, ancora non ci è proibito sognare.

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