Intervista al professor Fabrizio Zilibotti, il titolare della Cattedra di macro-economia ed economia politica presso l’Università di Zurigo. Insignito, tra le varie onorificenze, della medaglia Yrjo Jahnsson come migliore economista in Europa al di sotto di 45 anni nel 2009, secondo italiano a ricevere il premio. Ecco un estratto dell’intervista di Leo Caruso
Il nobel Paul Krugman afferma che tra la depressione di adesso e quella degli anni trenta la differenza non è poi così sostanziale. Lei concorda con questa affermazione di Krugman?
Possiamo dire che dalla grande depressione siamo usciti, per cui speriamo di uscire anche di questa depressione. Ci sono delle parallele, nel senso che la crisi ha avuto la sua origine nei mercati finanziari e poi si è estesa all’economia reale creando gravi problemi di disoccupazione, di povertà, quindi ci sono questi elementi. Io credo che a volte venga esagerata a dir la verità. La mia impressione è che siamo in una situazione molto diversa, lo sviluppo tecnologico è diverso, le relazioni internazionali sono diverse, il processo di globalizzazione è molto diverso. In quegli anni ci fu una chiusura progressiva del commercio internazionale che in questo momento non vediamo.
La Germania, che è un po’ la locomotiva d’Europa, e le politiche economiche di Angela Merkel sono spesso criticate. Cosa pensa della Cancelliera tedesca e delle sue politiche?
È un discorso un po’ complesso, da un certo punto di vista sono un ammiratore della Germania per quello che ha fatto, per le riforme economiche che sono state portate avanti fino dai primi anni di questo secolo e anche per la capacità di aumentare la produttività e l’export e così via. D’altra parte credo che ci sia un certo “conservatismo” da parte della leadership politica economica tedesca. Credo che la Germania abbia le sue ragioni nel richiedere che li sia un principio di responsabilità fiscale dei paesi, ma che questo principio sia stato spinto troppo in là anche con una certa tensione ideologica troppo forte. In questo momento anche la Germania stessa ne sta soffrendo, perché comunque la sua economia sta rallentando.
A proposito del nostro paese sappiamo tutti che il debito pubblico è una zavorra, ma l’impressione è che non ci sia in qualche modo soluzione in vista data l’enorme mole di questo debito pubblico. Cosa ci può dire in proposito?
Qui c’è stata una grande irresponsabilità da parte dei dieci anni passati, soprattutto negli anni ’80. Una soluzione immediata non è facile da trovare, anche perché chiedere in questo momento di fare leva su un’austerità fiscale molto dura rischia di creare ulteriore crisi.
È d’accordo con chi afferma che nel sistema sempre più oligarchico del modello capitalista non vi sia quasi più redistribuzione di ricchezza o che la redistribuzione di ricchezza sia sempre più complicata da applicare?
In qualche misura sono d’accordo, quello che mi colpisce di più è che in questi anni abbiamo avuto un rallentamento della crescita e anche una versione che ha avuto una crescita negativa nell’economia industriale, però dal punto di vista delle risorse che sono disponibili per la società non c’è stata una drastica diminuzione.
Sono gli effetti di questa crisi che sono stati asimmetrici, sembra che le nostre società siano incapaci anche di dividere in modo più equo quelle che sono le conseguenze negative della crisi. Anche in casi in cui l’economia cresca a livelli bassi, dovrebbe essere possibile per la società ridistribuire le risorse in modo da non creare sacche di povertà e conseguenze così drammatiche per una parte della popolazione. Credo che ci sia poi quest’evidenza di una crescita spropositata dei livelli di disuguaglianza su cui gli economisti hanno diverse opinioni.
In questo momento negli Stati Uniti molti economisti fanno autocritica, si fa notare, ad esempio, che nessun economista aveva previsto la crisi nel 2008 e quelli che lo fecero avevano previsto anche troppe crisi che poi non erano mai accadute…
Credo che dobbiamo imparare dall’esperienza, l’economia e i sistemi sociali sono cose molto complesse, quindi le ricette che sembrano funzionare in un certo momento poi non funzionano più. Per esempio negli anni ’70, quando c’è stata la grande crisi petrolifera si sono utilizzate ricette che poi hanno causato più problemi di quanti ne abbiano risolti. In questo caso veniamo invece da un paio di decenni in cui i meriti dell’economia del mercato sono stati forse esagerati anche a discapito della necessità di discutere in forme di regolamentazione dei mercati, che evidentemente ha creato una situazione di eccesso e di caos che sappiamo. Credo che una riflessione da parte nostra sia necessaria e dobbiamo anche rivedere gli strumenti che utilizziamo per analizzare l’economia. Vorrei fra l’altro evitare l’opposto nel senso che, credo che non saremo mai in grado di prevedere le grandi crisi economiche. La nostra teoria stessa dice che questo non è possibile. La complessità del sistema è eccessiva, per cui noi non saremo in grado di prevedere come se fossimo maghi quando ci sarà la prossima crisi.
Quali sono le ragioni per le quali la Svizzera tiene meglio e riesce ad affrontare questa crisi sicuramente meglio che altri?
Credo che questo abbia a che fare un po’ con la crescente divisione tra il nord e il sud d’Europa. Nel nord, nel centro dell’Europa, si ha puntato molto sull’innovazione sul capitale umano, sull’educazione, mentre nel sud queste politiche sono state applicate molto meno e quindi quando poi è aumentata la competizione internazionale con la Cina e i mercati emergenti, alcuni paesi ne hanno sofferto in modo particolare perché producevano a costi più alti gli stessi prodotti. Credo che fondamentalmente ci sia questa necessità dell’economia del sud dell’Europa di ristrutturarsi e di mettersi all’avanguardia. Poi la Svizzera potrà aver avuto anche altri fattori che hanno aiutato, si parla anche delle politiche come il segreto bancario ad esempio. Ma anche ora che abbiamo una forte pressione per cui di fatto questo ruolo di rifugio dei capitali viene meno, ma che l’economia tiene, quindi credo che questo fattore non sia stato così importante come alcuni pensavano. Credo piuttosto nella presenza di settori ad alta tecnologia, ad alta innovazione e anche nella presenza di un buon sistema scolastico: il sistema dell’apprendistato funziona molto bene e credo che ci siano alcune ricette che dovrebbero essere imposte in altri paesi.