Raccontaci di te…
Mi chiamo Pino, sono nato a Zurigo ma i miei sono originari di Caserta e Benevento. I miei genitori sono venuti in Svizzera per necessità, come tanti altri emigranti. Mio padre purtroppo è morto 12 anni fa in un incidente autostradale in Italia, ma mia mamma ha continuato a vivere a Zurigo dove ci siamo io e mia sorella. Io sono nato nel 1965, ho fatto le scuole svizzere e poi, come apprendistato, ho imparato la professione di imbianchino. In seguito ho anche fatto un apprendistato come contadino biodinamico, volevo imparare e fare più esperienze possibili. Purtroppo mi sono dovuto fermare perché sapevo di non avere abbastanza soldi per una fattoria…
Che legame hai con l’Italia?
Con l’Italia ho rapporto un po’ ambiguo, da un lato mi piace molto, ma dall’altra parte ho un po’ di difficoltà con le persone. Per l’Italia provo un po’ di tristezza, secondo me non c’è molto di innovativo, l’Italia si è fermata. Non succede mai niente di nuovo, ma questo è quello che provo io, non so neanche spiegarlo bene, ma forse perché non scendo abbastanza.
Quando eri più piccolo la situazione in Svizzera non era la stessa. Hai vissuto del razzismo?
Sì, ma penso in generale perché ero straniero, non perché ero italiano. Tante volte le persone non lo dicevano, però ti facevano sentire diverso, ti evitavano oppure ti guardavano stranamente. Da altri invece sono stato accolto molto bene, in maniera molto affettuosa. Oggi, a volte, mi sembra ancora di vivere del razzismo, a Zurigo forse un po’ meno, ma quando si va più fuori, dove l’ambiente è più svizzero, lo avverto. Magari è pure per il mio aspetto, ho capelli e barba neri e lunghi, non lo so… Forse se avessi cappelli corti sarebbe diverso.
Hai il passaporto svizzero?
Sì, sono svizzero. L’ho preso a 29 anni, per non fare il militare in Italia, ma anche perché volevo fare parte della Svizzera, certo all’inizio era strano ma poi avevo anche più possibilità per viaggiare, per stare all’estero ecc. Non me ne pento assolutamente di aver preso il passaporto svizzero, ho fatto pure il servizio civile e devo dire che mi sono divertito molto.
Raccontaci cosa hai fatto nella tua vita…
Dopo l’imbianchino e il contadino, ho lavorato anche in ufficio. In seguito ho fatto la formazione di omeopatia, ho studiato la medicina naturale per quattro anni e ho lasciato l’ufficio. Ho praticato contemporaneamente la scuola di box e lo studio per l’omeopatia, che si sono combinati perfettamente. L’anno scorso però ho smesso con l’omeopatia per mancanza di tempo, la scuola di box mi soddisfa e mi impegna pienamente. Ho sempre fatto sport da combattimento, da quando avevo 15 anni. Ho fatto kung-fu, kickbox, karate, ho anche partecipato ai campionati di karate, poi ho avuto un forte desiderio di praticare pure la box: la box è la migliore! Ho imparato sempre di più ed è diventato sempre più impegnativo.
Così ho aperto la mia prima scuola di box nel 2003 e dal 2008 sono in questo studio.
Lo sport di combattimento comprende tantissime tecniche, stili e varianti. Judo, ad esempio, è più sportivo, più da campionato senza dover per forza far male all’altro, uno sport olimpico che va sotto l’arte di combattimento dove il movimento e la disciplina del corpo stanno più al centro. Io do lezioni di box, ma anche di respirazione, movimenti, non mi limito solo alla box, per me al primo posto c’è il benessere della persona. Ad esempio insegno in un gruppo che chiamo “parco degli animali”, là si impara a muoversi concentrati, si va come animali.
Chi può prendere parte alle tue lezioni?
Ai bambini do solo lezioni private. Ho clienti uomo e donna di tutte le età a partire dall’adolescenza, e ci sono tante donne che vengono.
Ci sono differenze tra uomo e donna in queste discipline?
Nelle lezioni private io mi concentro sulle esigenze della persona, non sul sesso. La lezione è molto individuale, vedo cosa vuole la persona, forza, tecnica, fitness… Quasi nessuno vuole solo la box, da me è previsto un pacchetto dove sono compresi respirazione, mobilità, forza…
Certo si può dire che lo sport è sport, ma come lo yoga ha la propria filosofia, anche la box ce l’ha. Per me è fondamentale essere forte, elastico e conoscere il proprio corpo.
Cosa ti distingue dagli altri centri di box?
Sicuramente che mi prendo il tempo per ogni persona che viene da me. Poi do meno valore solo al combattimento, ma di più al movimento. In gruppo amalgamo entrambi le cose, gli altri forse danno più peso al combattimento, da me si impara anche a non farsi male con i movimenti, a conoscere il proprio corpo, e cosa fare con l’energia… per esser un pugile ci vuole molto di più di saper dare pugni: ci vuole concentrazione, regolarità, allenamenti, precisione… ed è proprio questo che conta, la volontà di farlo!
Io propongo pure “terapia inclusiva di box”, questo è il nome che ho dato io. Prendo elementi dalla box e dal movimento, ma è più un approccio terapeutico, per persone che hanno una crisi, un divorzio, spesso purtroppo anche abusi, insicurezza nella vita, paure. Io posso combinare la parte psicologica con quella fisica.
Hai mai dovuto dire a qualcuno che la box non fa per loro?
Sì, certamente. Purtroppo, devo dire la verità, spesso gli italiani sono mammoni, e mi fa male ammetterlo.
Un’altra cosa che non amo è quando la gente mi fa storie per i costi: spesso si vengono ad informare, quando sentono che il corso costa qualcosa si lamentano, gli italiani non capiscono che non investono solo in me, ma soprattutto in se stessi.
Per maggiori informazioni:
www.box-keller.ch