Gli angeli del fango per salvare l’Italia
Racconta una leggenda metropolitana che di fronte ad una proposta di cambiare partito, l’allora filosofo e politico veneziano, Massimo Cacciari, rispose al proponente con una battuta rimasta famosa: sono già ricco di famiglia.
Eravamo alla fine degli anni ottanta. La corruzione aveva raggiunto il massimo dell’arroganza e della presunta immunità, senza che il paese, l’Italia, si scandalizzasse più di tanto. Tanto, diceva il volgo, comandano sempre gli stessi e nulla cambierà. Per la verità, in anni non troppo lontani e di fronte a tragedie –il terremoto dell’Irpinia, per esempio – in cui lo stato aveva dimostrato, a parte il solito piagnisteo della prima ora, disinteresse unito ad una totale incapacità operativa, uomini di alta caratura morale, il presidente Sandro Pertini ed Enrico Berlinguer, denunciarono la disgregazione in in atto chiedendo, nel contempo, una decisa azione di risanamento morale dell’Italia.
A essi si aggiunsero gli emigrati, con atti straordinari di solidarietà e vicinanza alle popolazioni colpite dalla infernale violenza della natura.
Ero a Ginevra, in quel tempo. Tutta la comunità italiana, del nord e del sud della penisola, si strinse attorno ai cittadini avellinesi e beneventani, in una gara di vicinanza senza confine. Molto prima, in anni più lontani, il grande moto di partecipazione affettiva e solidale, avvenne in occasione dell’immane tragedia del Vajont e del terremoto friulano. I cittadini svizzeri, non sempre benevoli verso le genti arrivate quassù dal sud delle Alpi, assistettero attoniti e meravigliati di fronte ad una così forte reazione di massa in favore dei loro connazionali. Rimane un mistero del perché istinti così umani e caritatevoli rimangano circoscritti a un particolare e drammatico momento della nostra storia nazionale. O forse non è affatto un mistero. È sfiducia verso le istituzioni e lo stato, il morbo che accompagna l’Italia sin dalla sua ritrovata unità nel 1861. Manca la consapevolezza di riconoscersi in un destino comune, ove tutti si identificano come figli della stessa bandiera, intenti a costruire un collettivo avvenire. “Francia e Spagna purché se magna.” In due particolari momenti della storia nazionale, sembrò che tutto cambiasse. La resistenza fu il primo atto di riscatto nazionale.
Un nuovo risorgimento che sapesse coniugare il riscatto della bandiera dalla avventura totalitaria con la nuova costituzione repubblicana, fondata sui valori della democrazia e del lavoro. Quasi cinquant’anni dopo, tangentopoli, con il salvifico messaggio di pulizia e rinnovamento. Quel tempo mi appare come il sogno di una notte svanito nel nulla del risveglio mattutino. Dal Mose, di cui i veneziani usano dire: ma perché hanno tolto l’accento al prediletto di Dio?, per darsi poi subito una arguta risposta: hanno evitato la vendetta del leggendario profeta. All’Expo, orgoglio svanito della comunità meneghina, per finire allo scandalo attuale della “mafia romana”, tutto sembra dirci che la sfida è perduta e nulla rimane se non l’attesa di una fine ingloriosa e finale. Eppure, se vado al lontano passato, ritrovo coraggio. Rivedo le fiamme che ardono le pinete della grande montagna e tutto quel misero popolo, guidato dal sindaco, accorrere per salvare il loro unico bene. Mi appare Mario, il messo del rinnovato Comune, intento ogni giorno a percorrere le irte ascese del colle sino all’Alpe Prenzera.
Andava all’incontro con il sindaco contadino del tempo che fu. Interrompeva il lavoro e abbassava la falce, l’eletto del popolo. Asciugava il sudore. Sedeva al tavolone ove tutto avveniva, nel giorno. Leggeva i documenti, portati dal messo suo amico. E poi, uno a uno, la firma con un gesto di orgoglio e di intesa. Sembrava pensasse: riscatto l’Italia servendo il paese. E vedo oggi quei giovani – successe un giorno lontano a Firenze – pur senza lavoro, accorrere a Genova per salvare dal fango ciò che ancora non è tutto perduto. Forse, e che sia forse, vale quel detto di un onesto politico: Il bene è forte e disteso ma non fa notizia perché prevale la notizia del male. Che sia frutto di un atto personale o misfatto di una organizzazione criminale. E allora, angeli del bene, ribellatevi al triste destino. Ribellatevi per voi e per l’Italia, il vostro paese.