Approvato il decreto sul femminicidio che prevede aggravanti in caso di relazione affettiva e potenziamento dei centri antiviolenza e case rifugio
Il Senato ha approvato senza discussione la legge sul femminicidio. Non c’è stata discussione perché il decreto sarebbe scaduto martedì scorso, dunque la legge rischiava di naufragare. Il testo definitivo, dunque, è quello approvato alla Camera e che poggia su tre pilastri.
Il primo è che in caso di reato la relazione affettiva ancora in corso o avvenuta in passato costituisce motivo aggravante. C’è dunque il caso di stalking commesso ai danni di qualcuno da parte, ad esempio, di un datore di lavoro o di un semplice conoscente, e quello di stalking commesso dal coniuge, ancora tale o che lo è stato in passato (in caso, ad esempio, di separazione o divorzio) o dal convivente. L’aggravante vuole essere una misura preventiva, i cui effetti saranno concreti soprattutto quando c’è stalking. L’aggravante della relazione potrà certamente dissuadere dal commetterlo. Chi ammazza l’ex coniuge, in genere non si fa frenare dall’aggravante, sia perché comunque sarà condannato a trent’anni per omicidio, sia perché molti crimini avvengono per scatto d’ira o per malattia mentale.
Il femminicidio, ultimamente, era diventato (e purtroppo continua ad esserlo) un’ecatombe, spesso difficile da evitare, sia perché comunque nei rapporti tra due persone a volte il dialogo, per quanto, sfasato e violento, esiste sempre, sia perché spesso sono le donne stesse che non denunciano, sia, ancora, perché in caso di denuncia ci si sente rispondere dalle forze dell’ordine che non si può fare nulla se non ci siano stati episodi di violenta e prove che a volte è difficile dimostrare. Una legge, dunque, era necessaria.
All’estero, almeno nei Paesi avanzati la media della percentuale delle donne ammazzate dal partner o dall’ex è dell’ordine del 13%, mentre in Italia è del 44%, e la statistica deve essere ancora aggiornata. Un’emergenza, dunque.
La legge contiene anche un secondo capitolo, che riguarda la querela. Premesso che l’autorità giudiziaria potrà agire solo in presenza di una querela e premesso anche che adesso la legge rafforza il coraggio di prendere l’iniziativa della denuncia, la querela sarà irrevocabile quando ci si trova in presenza di gravi minacce ripetute. Ad esempio, se una donna viene minacciata con le armi che possono essere anche un bastone, non necessariamente una pistola o un coltello, una volta presentata la querela non la potrà ritirare, ma avrà il suo corso giudiziario. La querela senza gravi minacce, invece, potrà essere ritirata dall’interessata ma solo a condizione che ciò avvenga davanti all’autorità giudiziaria, per garantire la libera determinazione della volontà dell’interessata, non costretta, cioè, da minacce (“o ritiri la querela o ti ammazzo”). Molti casi di femminicidio sono avvenuti anche perché, per vari motivi, la donna aveva concesso un incontro all’uomo che prima l’aveva minacciata o l’aveva perdonato.
Il terzo pilastro della legge, contenuto nell’articolo 5, prevede investimenti per la formazione del personale che entra in contatto con fatti di violenza o stalking e per costruire o potenziare centri antiviolenza e case rifugio.
Hanno votato a favore della legge Pdl, Pd, Scelta civica; si sono astenuti M5S, Sel e Lega, non per contrarietà alla legge, ma solo per una questione di metodo. Il testo sul femminicidio, infatti, è stato inserito in un decreto sicurezza dove sono contenuti altri provvedimenti che con il femminicidio non hanno nulla a che vedere, per cui chi si è astenuto ha pensato che fosse un modo per far approvare anche altre misure non condivise.
Ecco le dichiarazioni. Letta: “E’ un giorno davvero importante”; Alfano: “Da oggi le vittime di violenza non sono più sole”, Grillo: “Dentro questo decreto i partiti ci hanno infilato porcate incompatibili che nulla hanno a che fare con il tema: hanno utilizzato il ricatto delle donne per farle passare”. Numerose sono state le dichiarazioni di parlamentari donne, da Nunzia De Girolamo a Valeria Fedeli, da Josefa Idem a Mussolini e a Guerra: tutte dello stesso segno, hanno cioè sottolineato la necessità della legge e il suo valore storico e culturale.