In questi ultimi giorni il tema immigrazione rappresenta un tasto molto dolente: l’Italia e gli italiani nel mondo sono fortemente divisi tra chi è per chiudere i porti e chi per lasciarli aperti e continuare la politica di accoglienza e soccorso in mare che c’è stata fino adesso. Il ministro dell’Interno Matteo Salvini dell’attuale governo giallo – verde ha optato per la prima soluzione, come fortemente annunciata in campagna elettorale e largamente appoggiata dagli elettori e dagli alleati di governo. I contrasti ci sono, in verità poca roba dall’opposizione, ma da parte di qualche anima solitaria che ha lanciato iniziative, come la chiacchieratissima (a volte ingiustamente derisa) delle maglie rosse per ricordare i bimbi che hanno perso la vita per questa politica ostile nei confronti dei nuovi arrivi. Altri hanno proposto una soluzione che potrebbe sembrare quasi paradossale: permettere la libera circolazione di queste persone. Permettere loro di poter viaggiare liberamente con mezzi legali e senza alimentare così il mercato degli scafisti.
Il discorso è semplice: la rotta libica è una delle più richieste, se viene chiusa si alimenta il mercato degli scafisti che in maniera illegale offrono un servizio altrimenti negato. Le Ambasciate europee in Africa dovrebbero permettere una maggiore libertà di movimento in maniera legale rilasciando più visto. Questa è una delle tante proposte che sono state suggerite per rimediare al problema delle morti sulla rotta libica. A molti è sembrata una proposta assurda, quasi una presa in giro quella di invitarli ad entrare invece che respingerli. Eppure, a proposito di libera circolazione e di esempio di migrazione controllata e positiva abbiamo l’esempio svizzero. Proprio su questo numero de La Pagina dedichiamo un articolo (pagg. 10-11) alla buona integrazione dei migranti in Svizzera a più di 15 anni dall’accordo sulla libera circolazione tra Svizzera e Ue (ALC). E non si parla solamente di personale altamente qualificato. I miglioramenti hanno riguardato il mercato del lavoro, a livello del salario (+0,8%) e di sviluppo interno: si legge in un comunicato ufficiale che “in una popolazione più ricca e numerosa aumenta la richiesta di prodotti e servizi locali (soprattutto in: edilizia, servizi personali, commercio, trasporti, formazione e sanità)”. Strano che l’esempio svizzero non sia guardato e nemmeno preso in considerazione da tutti i migranti che, usufruendo della libera circolazione, si trovano in Svizzera. Sicuramente in termini e in contesti diversi, lo sappiamo benissimo che l’Italia non è la Svizzera e viceversa, ma questo non vuol dire che una felice e positiva integrazione non possa esistere, dopotutto ne siamo un grande esempio!