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18 April 2024
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Svizzera

Non c’è bisogno di eroi ma di cittadini consapevoli!

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La comunità italiana in Svizzera incontra Rosy Bindi e Paolo Bernasconi per parlare di criminalità organizzata come realtà presente anche oltre al territorio italiano

Una volta si pensava alla Mafia e si pensava ad un luogo preciso. Oggi non è più così: la criminalità organizzata si è diffusa, è globale. Difficile non trovare la “malavita”, il “malaffare” in qualsiasi altra parte del mondo. Per questo motivo è più chiaro e deve essere sempre più forte il concetto che per sconfiggere le organizzazioni criminali, le Mafie, deve esserci una stretta collaborazione a livello internazionale tra tutte le parti interessate.

All’interno di questo contesto si pone l’interessante incontro-dibattito organizzato dal Comites di Zurigo e dal Comitato Generale Italiani all’Estero (CGIE), moderato da Sandro Benini, giornalista del Tages Anzeiger, che si è tenuto presso il Liceo Artistico di Zurigo, sabato 17 marzo 2018. L’evento dal titolo “La cultura della legalità”, che rientra nel “Progetto Legalità” promosso dai Comites in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Berna, si è ripetuto con successo nelle città di Basilea e di Berna. Nell’incontro di Zurigo erano presenti anche il Console generale di Zurigo Giulio Alaimo, il presidente del Comites Luciano Alban, il segretario generale del CGIE Michele Schiavone e la Prof.ssa Rosanna Chirichella. All’evento abbiamo assistito al confronto sui temi riguardanti la criminalità organizzata di due importanti personalità: la presidente della Commissione Parlamentare antimafia On. Rosy Bindi e il Prof. Em Uni San Gallo, dr. H.c. avvocato Paolo Bernasconi.

Al centro dell’incontro una sempre maggiore consapevolezza che organismi come la Commissione antimafia sono necessari per contrastare una realtà che è ormai diffusa ben oltre il territorio italiano e individuarne l’esistenza è fondamentale perché “la più grande fortuna delle mafie – spiega Rosy Bindi nel suo intervento – è proprio la difficoltà di riconoscere la loro presenza”. Bisogna quindi individuare le mafie per combatterle e per farlo “non c’è bisogno di eroi, c’è bisogno di cittadini consapevoli e responsabili che trovano risposte nelle istituzioni”. Possiamo dunque parlare di effettiva presenza delle criminalità organizzate in Svizzera? Come spiega l’avv. Bernasconi, “di mafie in Europa ce ne sono parecchie perché siamo in un mondo di globalità, con molti movimenti e una grande permeabilità alle frontiere”.

“Quando Giovanni Falcone veniva a Lugano – racconta l’avvocato ticinese che a lungo collaborò col giudice palermitano – diceva ‘State attenti voi, perché dopo il denaro della mafia verranno anche i mafiosi’ e questa regola è risultata valida”. Così come è assodato che “le infiltrazioni di crimine organizzato esistono e proprio dall’Italia settentrionale al confine con la Svizzera si sono diffuse nel Canton Ticino” che sembra essere “la zona di maggiore preoccupazione” afferma l’avv. Bernasconi. È pur vero che la Svizzera è uno dei pochi Paesi nei quali è possibile applicare delle misure di prevenzione come la confisca del patrimonio, spiega l’On. Bindi “anche in assenza di una condanna penale” e se non si riesce a dimostrare la provenienza lecita dei beni. Interessante anche la questione sulla legalizzazione delle droghe come misura contro la criminalità organizzata. Sia l’On. Bindi che l’avv. Bernasconi non vedono nella legalizzazione delle droghe una soluzione risolutiva perché intanto “dovrebbero legalizzare la droga tutte le nazioni di questo mondo” e, anche in quel caso, “i costi di produzione per uno Stato sarebbero sempre troppo elevati”, oltre al fatto che comunque non si riuscirebbe a competere con la produzione di provenienza illecita.

Nel sentito dibattito che ha coinvolto i presenti, tra domande e riflessioni, si è discusso di svariati argomenti inerenti alla criminalità organizzata, come della conferma della ‘Ndrangheta come l’organizzazione mafiosa attualmente più forte e più diffusa al mondo, e anche della serie tv di notevole successo “Gomorra”, a cui l’On. Bindi non dà un giudizio negativo perché “è un modo per far conoscere come vive un camorrista”. L’incontro ha mostrato il vivo interesse e la particolare attenzione della collettività italiana all’argomento, a dimostrazione del fatto che una “cultura della legalità” non è del tutto impossibile laddove è anche così fortemente sentita.

Eveline Bentivegna

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