Il conte Carlo Dossi 1849-1910, scrittore, diplomatico e archeologo italiano, ebbe a dire: “Che è l’onestà se non la paura della prigione?”. Sebbene sia evidentemente provocatoria, questa citazione mi trova d’accordo. Durante l’apprendistato, era nostro compito pulire e riordinare il magazzino.
Mentre io eseguivo la fastidiosa mansione con diligenza e zelo, alcuni miei colleghi, spostavano la polvere in altre zone, o depositavano il grosso del materiale in altri scatoloni, che altri apprendisti avrebbero dovuto riordinare la settimana successiva. Questo ha fatto di me una persona onesta?
Ma chi o cosa determina l’onestà di un uomo? Un principio o una paura? La paura di cui parla Dossi, o il mio timore era, di tradire la fiducia che i miei genitori, avevano posto in me sul tirocinio. Il rischio di venir additato come uno scorretto mi impediva di barare. Apparivo come onesto, ma lo ero realmente? Si è spesso abusato della parola onestà. Se un politico, o rappresentante di una comunità è leale, trasparente, e rispetta il proprio mandato, agendo sempre in funzione degli interessi di chi lo ha eletto, come si può definirlo onesto, se addirittura è incapace a rubare? Dovrebbe essere una virtù attiva e non passiva dettata dalla ragione.
Questo significa che tutti siano corruttibili di fronte a “un’occasione”? Io credo che una virtù più nobile, più completa dell’onestà, sia la cosiddetta “onestà intellettuale”. L’onestà intellettuale è, secondo me, prendersi le responsabilità delle proprie idee, dei propri argomenti, fino in fondo, proponendo la propria idea, teoria, opinione, ecc. Considerando poi tutte le implicazioni di questa teoria o opinione in altri contesti, o se si scontra con altre teorie o verità date in precedenza considerate vere. L’onestà intellettuale è uno studente che non copia sia quando il professore è in aula sia quando questo si assenta per rispondere al telefono.
È un politico che non ruba o agisce per interessi personali, anche quando sarebbe impossibile scoprirlo. Parlo di un mondo nel quale non esiste la parola convenienza. Nella prossima campagna elettorale, in cui un rappresentante di un gruppo politico, diffonde le proprie idee legittime, senza imporre ad altri tale credenza, è tutto legittimo.
Ma il nostro candidato crede nel partito e nelle idee che rappresenta, e dovrebbe necessariamente sostenere le sue azioni future in tale direzione. A questo punto nasce una forte contraddizione. Come è possibile che una volta eletti, alcuni rappresentanti si regolino diversamente, a seconda della situazione più conveniente per sé stessi? Non c’è infatti nessun motivo per pensare che se un principio valga in campagna elettorale, possa essere disattesa durante il suo mandato. A breve, anche nella nostra Svizzera e quel che resta della comunità italiana attiva, verranno messi in moto tutti gli strumenti di propaganda per occupare le poltrone di prestigio.
Vogliano gli onorevoli candidati per una poltrona di Parlamentari eletti all’estero, svelarci dopo avere sventolato le loro promesse il loro stipendi, facendo un esame di coscienza sulla loro presunta “onesta intellettuale”? Farà impressione ascoltare un segretario di partito che attacca “i teorici dell’inciucio”, che dicono “questa classe dirigente è la peggiore che abbiamo mai avuto”, che promette di cambiare tutto, dalle facce, ai costi della politica, dal rapporto con il sindacato, fino alle parole d’ordine del proprio partito.
Raccogliere sicuri applausi, facendo leva su dei temi molto sentiti dagli italiani, è compito dei vari leader. Quante belle parole…Ogni qualvolta che inizia la campagna elettorale, sembra che sia sempre la volta buona. Si cambia tutto… si taglia qui… si riduce là… si dimezza sopra… si risparmia sotto…
Poi i cittadini si svegliano un giorno, e scoprono che tutto era un sogno, e che non vi è stato altro che uno scambio di poltrone. In una mia visione utopica, un giornalista televisivo o di carta stampata non metterà il proprio giudizio avanti alla stessa notizia del fatto su cui deve riferire, peraltro spesso manipolata, stravolta rispetto alla realtà. Non lo farà perché è onesto e bello dentro per vocazione, e senza alcuna avidità o vanità. Inoltre nessuno potrà metterli un guinzaglio e mai si offrirà come schiavo ben stipendiato di un sistema che a tutto è interessato, tranne che alla verità e alla sua trasmissione onesta, cioè il più possibile obiettiva, documentata, imparziale.
Un corrispondente dagli Stati Uniti non tacerebbe il coinvolgimento della CIA e della NATO nella nascita e nella crescita dei movimenti terroristici dell’estremismo islamico, e rivelerebbe con prove confutate che, dietro gli attentati sanguinosi di Charlie Hebdo, del Bataclan e di Nizza, c’è anche, direttamente o indirettamente, la mano dei servizi segreti francesi, i quali perseguono da anni degli obiettivi nel teatro nordafricano e in quello mediorientale, soprattutto per ragioni economiche. Onestà intellettuale è riconoscere i propri errori, esplicitare e motivare i propri compromessi e i propri cambiamenti d’indirizzo ideologico.
Essere analitico proprio perché vedo nel mio impegno una ricerca, e questo mi porta spesso a cambiare un’intera impostazione concettuale, e denota grande onesta intellettuale. Mi troverei in difficoltà, dovendo analizzare i fatti con i mezzi di informazione scadenti oggi disponibili, inducendomi al pensare populista e parziale, parlando di onestà anche laddove c’è solo convenienza e opportunità.
Ad esempio: pagare le tasse è sinonimo di onestà, ce lo ripetono continuamente. Ma se con quei soldi vengono acquistati aerei F35 per bombardare altri paesi nelle “missioni di pace”, allora pagare le tasse è intellettualmente onesto?
Io per il futuro mi auguro che in parlamento o chi ci rappresenta in Svizzera, vi sia una classe dirigente onesta intellettualmente, ammesso che esista, perché farebbe tanto bene a questo paese troppo preso da scandali e dalla disonestà intellettuale dilagante, specialmente tra il popolo stesso.
Sandro Pertini diceva: “I giovani non hanno bisogno di sermoni, i giovani hanno bisogno di esempi di onestà, di coerenza e di altruismo”.
Mario Pluchino