Ancora una volta in Italia si discute su questioni politiche che riguardano la Svizzera e il voto degli svizzeri, e questa volta lo si fa in maniera più concreta di quanto è accaduto durante le votazioni del 9 febbraio 2014, quando è stata accettata l’iniziativa popolare contro l’immigrazione di massa. Il dibattito riguarda l’iniziativa popolare dell’UDC dal titolo “Prima i nostri”, approvata lo scorso 25 settembre, un’iniziativa che riguarda molto da vicino gli italiani.
“Questa non è una battaglia partitica, ma una lotta trasversale per sostenere la nostra identità e i nostri diritti; che vuole proteggere i salariati dal dumping salariale in atto a causa del continuo aumento del frontalierato in campi dove la manodopera indigena non trova più lavoro”, sostengono i membri del comitato dell’iniziativa UDC. E aggiungono: “Vogliamo che i nostri Paesi vicini ci trattino con rispetto e ci tolgano dalle black list sulle quali ingiustamente ci hanno messi. Vogliamo che i nostri vicini smettano di discriminarci impedendoci, con difficoltà burocratiche create ad hoc, di svolgere i compiti previsti dai trattati bilaterali per mezzo del libero accesso al mercato europeo”.
Al Sì dei ticinesi sono seguite numerose polemiche dalla Svizzera, ma anche dall’Italia la risposta non ha tardato ad arrivare: il voto, accettato con il 58%, ha suscitato molto scalpore.
Mentre dal governo svizzero si apprende che l’esito del referendum non ha conseguenze immediate per i frontalieri, come ha sostenuto Didier Burkhalter, o che ancora “è prematuro parlarne”, come ha sostenuto Simonetta Sommaruga, per il Governo italiano il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ha dichiarato che “ogni discriminazione nei confronti dei nostri frontalieri sarebbe un impedimento all’intesa tra Ue e Svizzera”.
Chi in questo discorso è molto vicino alla realtà dei frontalieri è Alessandro Tarpini, responsabile nazionale dei frontalieri della Cgil, che, intervistato da La Repubblica ha detto: “Purtroppo, da un po’ di anni, alla politica si è sostituita la propaganda”. Tarpini sostiene che la tesi secondo cui gli italiani sottraggono lavoro ai locali non avrebbe fondamento, dato il numero di disoccupati e occupati. In più, Tarpini sottolinea che “se domani dovessero bloccare le dogane, si fermerebbe la vita e l’economia del Canton Ticino, perché i frontalieri sono impegnati nell’edilizia e nell’industria. Quasi tutti occupano posti per lavori che i locali non vogliono fare”. In tutto ciò, anche in questo caso dovremo aspettare e vedere l’esito della questione.
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