Minivocabolario di Paolo Tebaldi
Neologismo entrato di prepotenza nella vulgata politichese. Sta ad indicare l’atteggiamento di chi, personaggio pubblico o privato, semplice cittadino o gran Commis di Stato, leader sindacale o di partito, nel modo di parlare, di usare argomenti, di trattare il prossimo, imita il linguaggio, gli slogan populisti, i messaggi mediatici del Primo Ministro e Segretario del PD Matteo Renzi. E’ il nuovo conformismo a cui si sta abituando l’italica gente da secoli avvezza a servire i padroni, ad adulare i potenti, a pensare all’unisono secondo le raccomandazioni che calano dall’alto. L’unità d’Italia non ha demolito il governo dei baroni, dei principi, dei commissari del popolo, ,l’abitudine ad ubbidire, la sudditanza, la riverenza, l’ossequio. Non si comprendono, diversamente, Il regime fascista il ventennio berlusconiano, l’avvento fulmineo del renzismo. Decisionismo invece di libero dibattito e di battaglia delle idee, rapidità al posto della cautela e della ponderatezza, intolleranza in sostituzione del dialogo. Rottamazione invece del rispetto per le esperienze, i saperi e le conquiste scientifiche, filosofiche, intellettuali del passato. Nessuna indulgenza verso la mediazione, la disamina delle posizioni altrui. Questo cesarismo del XXI secolo non si avvale di eserciti superarmati, di polizie segrete, di pratiche del terrore. Esagera chi parla di deriva autoritaria. La stampa, gli organi d’informazione, i media, le riunioni, i telegiornali, i talkshow non sono aboliti.
Ma su tutti, moderno mostro mediatico, domina, soverchiante, avvolgente, il verbo del Capo. Il quale promette e non mantiene, proclama l’avvento di una nuova Italia e intanto la crisi economica è lungi dall’essere risolta, la disoccupazione registra il piu’ alto tasso degli ultimi anni, quasi il 50% dei giovani sono senza un lavoro, le famiglie non arrivano alla fine del mese, i genitori sono costretti a mantenere i figli e i nonni ad aiutare quelli che hanno messo al mondo. Matteo Renzi, il Grande Comunicatore, il principe della parola ad effetto che va diretta al cuore e alla pancia dei cittadini tratta gli avversari come “gufi”, “frenatori”, “rosiconi”. Di fatto sono legittime le critiche di chi rimprovera all’inquilino di Palazzo Chigi di non far seguire alle promesse i fatti. A parte gli ottanta euro in busta paga che non hanno fatto aumentare i consumi come si sperava, le riforme del lavoro, della Pubblica Amministrazione, del fisco, della giustizia, accanto a novità interessanti, presentano zone d’ombra e punti controversi. Per non parlare del superamento del bicameralismo perfetto e della legge elettorale, progetti presentati come prioritari, irrinunciabili, ma che in effetti non interessano minimamente gli italiani e i vertici dell’Unione europea e, soprattutto, mirano a diminuire gli equilibri dei poteri e dei contrappesi, il controllo democratico delle istituzioni, e, in ultima istanza, all’elezione plebiscitaria del Premier. Non si tratta di essere antirenziani per partito preso, di remare contro per l’antico vizio gattopardesco che tutto cambi affinché nulla cambi. Ma se si vuole mutare il volto dell’Italia è necessario che la classe politica, la maggioranza in Parlamento e l’opposizione ridisegnino l’architettura statuale con regole, sistemi rispettosi dei valori del lavoro, della democrazia, della giustizia sociale sanciti dalla Costituzione.