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29 March 2024
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STORIE di Gianni Farina

Ricordi di un lontano viaggio nelle terre carioca e dei gauchos

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Il 747 dell’Alitalia traballa paurosamente nel mezzo della tempesta. Attraversiamo l’equatore verso la Rio de Janeiro del grande Brasile.
Un brivido di paura attanaglia gli amici della delegazione toscana con cui svolgo il viaggio di studio in America latina.
Mario Olla, il coordinatore presidente della consulta toscana dell’emigrazione, il partigiano che si ribellò alla tirannia fascista, scrivendo pagine di straordinario eroismo nelle valli della sua Garfagnana, accenna un augurio di lieta fine quasi fossimo accerchiati, come accadeva allora, dalle camice nere in cerca di vendette e glorie malsane.
Coraggio, Mario! Ancora non si è compiuto il nostro destino. Per la verità, nel dirlo, si capisce che ho più terrore di lui e aspetto solo che il Dio dei lampi e dei tuoni attenui il suo rabbioso starnuto nell’immensità del cielo australe.
Tra poco scorgerò, dall’alto, tracce della costa brasiliana che si avvicina.
È l’ora, prima dello sbarco, di tratteggiare un programma per i giorni a venire, gli incontri con i nostri connazionali, i dibattiti previsti all’università di San Paolo con i giovani interessati ad approfondire i contenuti della costituzione italiana, in una nazione, il Brasile, che cerca la via della riconciliazione con la democrazia.
Ci accoglie Paolo, il tutto fare dei toscanacci nella città del Cristo Salvatore.
La serata, in quel vasto salone all’ultimo piano dell’alto palazzo allietato dalla presenza di tanti corregionali toscani, si svolge in un clima di commozione nel ricordo di tanti del loro villaggio d’origine, nelle richieste d’informazioni e chiarimenti sul perché e percome, nel racconto dei giovani che, grazie all’ impegno di Mario nella consulta, hanno potuto visitare la regione toscana e il nostro Paese, maturando una forte esperienza intellettuale e umana.
La vista della baia carioca da quassù è quanto di magnifico l’occhio umano possa desiderare. Eppure, l’uditorio sembra assente a tale bellezza tanto è il desiderio di apprendere notizie dall’Italia, dalla loro regione, o sui parenti e valligiani rimasti nel bel paese. A Rio come a San Paolo, nell’aula magna dell’università ove – sorpresa! – troviamo centinaia di giovani in possesso del testo della nostra costituzione arricchito dalla prefazione di Piero Calamandrei, ai quali è proibito raccontare banalità per non incorrere in qualche vivace battibecco chiarificatore.
È l’assessore toscano Federici a chiudere il dibattito, esprimendo la certezza sull’avvenire della nuova democrazia brasiliana grazie alla ricchezza intellettiva e umana della sua gioventù.
Una breve visita a Santos, la città che assistette per decenni agli incanti del Dio del calcio in terra, il magico Edson Arantes do Nascimento Pelè, per poi trasvolare verso Buenos Aires e Rosario in terra Argentina.
Il paese latino americano ha vissuto il dramma della repressione contrassegnata da crimini contro l’umanità. Inimmaginabile e sconosciuto sino allora, il volo dei disperati sull’oceano espulsi vivi dagli aerei. Migliaia di resistenti scomparvero, in tal modo, nella profondità degli inferi.
La giunta militare del colonnello Jorge Videla aveva perso ogni e qualsiasi senso del vivere civile. Sprofondava nell’abisso dell’inettitudine e del genocidio criminale e assassino. Sarà poi chiamata a rendere conto, dopo la fatale disavventura della guerra per sottrarre le isole Malvinas alla Gran Bretagna, al popolo argentino, che cercava, nel frattempo, l’ardua via di un nuovo percorso democratico.
Buenos Aires è uscita povera e stremata dal totalitarismo.
Incontriamo Alfonsin, il dirigente politico democratico chiamato a governare l’Argentina. Nella piazza della Casa Rosada migliaia di madri espongono i cartelli con i nomi dei loro figli scomparsi.
Nei loro occhi la sconvolgente tristezza di chi non ha più lacrime da versare per piangere.
Ci racconterà tutto l‘oramai novantenne ex partigiano Guido Giai, a Rosario, mentre navighiamo sul Paranà in piena, gonfio dell’acqua color mattone in deflusso verso il golfo del Rio de la Plata.
Si commuove al ricordo del suo villaggio alpino, Limone, e delle montagne del vecchio Piemonte Non ha nulla da chiedere se non quello di non dimenticare lo sventurato popolo argentino che un giorno non lontano donò all’Italia, uscita umiliata e sconfitta dalla guerra, il grano per i forni della riconquistata dignità.
Non ti ho più dimenticato, vecchio leone. E ancora oggi, che non sei più tra noi, rivedo il tuo viso ove potevi leggere i segni di una vita intensa e straordinaria.

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