Il Tribunale distrettuale di Zurigo ha condannato un 45enne in prima istanza a una pena pecuniaria di 40 aliquote da 100 franchi per diffamazione, dopo che aveva messo un “mi piace” su Facebook
1. Non è necessario essere l’autore
del profilo per essere potenziale colpevole di unreato, giusto?
L’art.173 CP concernente la diffamazione protegge l’onore personale, la reputazione e il sentimento di essere una persona d’onore, ossia di comportarsi secondo le regole e gli usi riconosciuti.
Il diritto penale intende, infatti, garantire il diritto al rispetto che risulta leso da affermazioni idonee ad esporre la persona interessata al disprezzo nella sua veste di uomo. Non è necessario in particolare la volontà di ledere l’onore altrui (“animus iniuriandi”), bastando che l’autore sia consapevole del fatto che le sue affermazioni possano nuocere all’onore della persona offesa e che, ciò nonostante, le abbia proferite. Per la diffamazione occorre, ulteriormente, che l’autore abbia avuto l’intenzione di comunicare l’informazione a terzi. Quindi, condividendo un post o schiacciando su un like, tutti sanno che il contenuto viene reso visibile a terzi. In questo caso si è autori del reato di diffamazione.
2. Cosa dobbiamo prendere in considerazione quando vogliamo condividere un commento su Facebook? Come comportarci?
Se un’allegazione sia tale da nuocere alla reputazione di una persona è una questione che va valutata, non secondo il senso che quest’ultima le attribuisce, bensì secondo quello che essa ha in base ad un’interpretazione oggettiva, ovvero secondo il senso che, nelle circostanze concrete, le attribuisce l’uditore o il lettore non prevenuto. Trattandosi di uno scritto, l’allegazione deve essere analizzata non solo in funzione delle espressioni utilizzate, prese separatamente, ma anche secondo il senso generale che emerge dal testo nel suo insieme. Le espressioni non devono, dunque, essere valutate asetticamente, ma in funzione del contesto comunicativo in cui esse si inseriscono. Di conseguenza, se si ha l’impressione che il contenuto di testi sui social media non sia oggettivo e vero, è meglio ignorare i post.
3. Questo Signore dovrà pagare una pena pecuniaria e basta (anche se un pò altina). Ma vi sono degli atteggiamenti in rete che giustificano delle pene più severe? Per esempio se si tratta di offese determinate, rivolte a un copro politico o ad una autorità?
Il giudice commisura la pena alla colpa dell’autore. Tiene conto della vita anteriore e delle condizioni personali dell’autore nonché dell’effetto che la pena avrà sulla sua vita. La colpa è determinata secondo il grado di lesione o esposizione a pericolo del bene giuridico offeso, secondo la riprensibilità dell’offesa, i moventi e gli obiettivi perseguiti nonché, tenuto conto delle circostanze interne ed esterne, secondo la possibilità che l’autore aveva di evitare l’esposizione a pericolo o la lesione. Di conseguenza, la pena varia per ogni singolo caso. Si tratta, comunque, di una prima sentenza del genere sui social media in Svizzera, che al momento non è ancora cresciuta in giudicato, in quanto è ancora possibile l’appello.
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