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Diritto

Perquisizione volontaria

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Decisione (del Tribunale federale) 6B_900/2015  del 29 gennaio 2016

A seguito di un avviso di irruzione, la polizia procedeva alla perquisizione della casa dei genitori del ricorrente alla ricerca di possibili sospetti. In tal contesto la polizia trovava in detta abitazione una valigia aperta con diverse munizioni ed un caricatore vuoto. Al che il padre dichiarava che il figlio era un fanatico delle armi. Quindi polizia,con il consenso della madre ritornava nuovamente nella camera del ricorrente, trovando tre valige non chiuse. Siccome non si poteva escludere che i sospetti avessero portato armi con se, la polizia procedeva all’apertura delle valigie, trovandoci armi da fuoco. In seguito – con l’acquiescenza dei genitori del ricorrente – è stata effettuata una totale perquisizione della casa e nella camera del sospettato: in tale contesto sono state ritrovate altre armi e accessori. La prima istanza decretava l’inutilizzabilità delle prove in quanto la perquisizione era avvenuta illegalmente, decretando quindi l’innocenza del ricorrente. In seconda istanza il ricorrente è stato invece giudicato colpevole di violazione alla Legge federale sulle armi.
È da valutare, basandosi sui criteri sviluppati dall’art. 186 CP, se i genitori siano o meno aventi diritto ai sensi dell’art. 244 cpv. 1 CPP. In tal senso, il permesso è da inoltrare dal detentore di fatto delle stanze da perquisire. Il consenso esclusivo dei codetentori di tale diritto non è sufficiente. Nel caso in questione i genitori del ricorrente erano codetentori del diritto di dimora e quindi potevano dare il consenso al posto del figlio, fintanto che gli interessi di quest’ultimo non fossero lesi in modo evidente. Questo non era il caso per la perquisizione della seconda camera. Difatti nel processo di appello ci si è basati su quanto trovato nella seconda stanza, mentre prima l’inchiesta della polizia non era ancora orientata contro il ricorrente, ma piuttosto verso il furto per irruzione. In tale contesto era anche nell’interesse del ricorrente che la polizia gli domandasse se eventualmente armi e accessori fossero spariti dalla sua camera. Ne consegue che la conclusione della prima istanza, secondo cui non si necessitava di ulteriori mandati di perquisizioni, non è corretta: Un permesso di perquisizione non era dato.
Quando la legge pone da una parte i casi in cui si necessita il permesso della persona avente diritto a quelli in cui si può agire senza tali permessi, essa vuol far capire che soltanto in caso di grave sospetto di reato ci si può astenersi dalla richiesta di formalizzazione dei permessi necessari e procedere con una misura coercitiva. Siccome la perquisizione della seconda camera equivale ad una misura coercitiva e per tale misura non sussisteva un grave sospetto di reato contro il ricorrente, l’agire della polizia è stato considerato illegale e, di conseguenza, le prove cosi raccolte inutilizzabili.

PER LE VOSTRE DOMANDE, SCRIVETE O TELEFONATEMI:
Avv. Dipl.-Jur. Dominique Calcò Labbruzzo
LAW by CALCÒ – Freigutstrasse 8, CH-8002 Zürich
Tel. 078-876 82 43 Mail:<[email protected]

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