La sfida cruciale sul referendum costituzionale che il presidente del consiglio, Matteo Renzi, ha di fronte rischia di causare una scissione all’interno del Partito democratico (Pd). Il partito si avvicina al referendum sempre più diviso. Dopo l’annuncio dei “comitati del centrosinistra per il No” di D’Alema, la minoranza intorno all’ex segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, sta preparando un documento, nel quale spiegherà i motivi del “No” al referendum. In un’intervista a La Repubblica, Bersani ha dichiarato che “io e Renzi abbiamo due idee opposte della democrazia”. I margini per ricucire non ci sono. O sì, se Renzi è disposto a modificare la legge elettorale dell’Italicum. Prima che la Consulta si pronunci a inizio ottobre, il premier ha riaperto a un confronto per le modifiche sulla legge chiedendo ai partiti, alle opposizioni le loro idee per un dibattito reale, confermando la sua convinzione, che “l’Italicum è un’ottima legge elettorale”. Bersani dirà come voterà in base alla modifica dell’Italicum, ma se non dovesse essere rivista, il suo “No” al referendum potrebbe essere scontato. Il voto sarà lo spartiacque. La posizione e la volontà precisa della minoranza Pd sul “No” e sull’abbandono del partito, Renzi dovrà metterle in conto durante la campagna referendaria. Bersani conferma le distanze che lo separano dal segretario-premier, ma spiega che non farà campagna per il “No” come D’Alema e non prende in considerazione neppure una scissione dal Pd.
Bersani non vuole “dare indicazioni di voto sul referendum e ognuno si faccia la sua idea”. L’ex segretario Pd riflette sulla riforma, e vede un rapporto intimissimo tra la riforma e la legge elettorale. “Se Renzi vuole semplificare le istituzioni parlamentari, questo è pericoloso e con la legge elettorale un partito con il 25% prende la maggioranza assoluta e forma il Parlamento”. La conseguenza è che i cittadini non si sentano più rappresentanti delle istituzioni.
Le tensioni sul nodo del referendum hanno coinvolto anche l’Anpi, l’associazione dei partigiani. Dopo le polemiche scaturite dalla dichiarazione della ministra Maria Elena Boschi, “i partigiani veri, quelli che hanno combattuto, voteranno Sì”, il presidente 93enne dell’Anpi, Carlo Smuraglia ha accettato l’invito di Renzi a un dibattito svoltosi sul palco della Festa dell’Unità di Bologna. Il confronto alla fine non ha avvicinato i due contraenti, che sono rimasti rigidi sulle proprie idee. “La riforma stravolge lo spirito della Costituzione”, ha sentenziato Smuraglia e “l’Anpi si sente obbligata a difenderla”. Renzi replica che il suo governo “vuole dare un segnale, se no si è travolti”, sostenendo che il sistema istituzionale italiano è “barocco con 63 governi in 70 anni”. Per Smuraglia, la riforma sarebbe un danno per il Paese e conferma la linea chiara per il “No” alla riforma. Il presidente Anpi si smarca sulla questione che il referendum riguardi il governo, perché non decide la caduta dell’esecutivo e del premier. Al termine l’incontro ha perlomeno attenuato la polemica tra governo e Anpi e Renzi ha fatto l’ultimo passo per spersonalizzare il referendum: “Finché c’è la fiducia del Parlamento, io rimango e tengo per me quello che penso”.
Il prossimo passo sarà la data del referendum costituzionale. Il 26 settembre sarà il Consiglio dei ministri a deciderla e se sarà confermata, alle urne i cittadini italiani ci andranno il 4 dicembre. Con i tormenti all’interno della sinistra, Renzi prende tempo, cercherà di non sbilanciarsi troppo e giocherà di tattica, tentando di abbassare i toni delle polemiche e provare a ricucire lo strappo imminente in casa Pd.
Gaetano Scopelliti