I mille fucilati della Grande Guerra 1915 – 18. Oggi, riabilitati
Il milite amico scomparve nel nulla. Del vecchio, ricco di medaglie guadagnate in guerra, si continuò a raccontarne le gesta. Ci pensarono i figli e persino i nipoti. L’occasione per rinverdire la memoria del padre e del nonno, poteva essere l’annuale adunata degli alpini o la celebrazione del 4 novembre, festa delle forze armate e dell’unità nazionale. Figli e nipoti si sono contesi, per anni, l’onore di appuntare al petto le medaglie dell’eroico defunto. La sua tomba, al cimitero del villaggio, risalta per la cura e il permanente ricambio dei fiori. Non solo, naturalmente, in occasione del due novembre di ogni anno. Doveroso, dico io, se non ci fosse quella macchia. Il milite amico del paese vicino, colpito dalla vendetta dell’oblio. Provai a indagare. Mi recai ripetutamente al camposanto del villaggio indicatomi dal vecchio. Controllai nascita e scomparsa dei defunti.
Poi, lessi un cognome e una nome, accompagnati da due date. Credetti di capire. Il loculo della colombaia di cui sto parlando, era situato in alto, lassù, difficile da individuare. Mille ottocento novanta. Mille novecento sedici. E nulla più. Nulla più, cozza con le tradizioni della valle. Di cui si usa ricordare il defunto lodandone, all’ inverosimile, i pregi, veri o presunti, a futuro, imperituro ricordo. Ebbi un attimo di commozione per quel ragazzo scomparso, io penso, in un luogo ignoto dell’arco alpino, colpito dalle pallottole di non si sa da chi e perché. Che sia proprio lui il milite ricordato dal vecchio? E perché non giace in una fossa comune? La proposta di legge concernente i militari italiani sottoposti a esecuzione sommaria o decimazione nel corso della prima guerra mondiale e di cui si chiede la riabilitazione storica, può riguardare anche quel giovane di cui leggo le generalità. E penso al giorno in cui, un lontano parente, avrà il coraggio di accendere un cero, accompagnato da una rosa scarlatta. Come ha affermato il deputato Carlo Galli nel suo appassionato intervento nell’aula parlamentare, anche quanto avvenne, di ingiusto e disumano, nel corso della prima Guerra mondiale, è parte costitutiva della costruzione della nostra identità nazionale. Nel male, naturalmente, nel dolore infinito, nella sofferenza indicibile di quattro anni di tensione, quattro anni di sangue, quattro anni di violenza.
Afferma Carlo Galli come essere uccisi dalle pallottole austriache ed essere uccisi dalle pallottole italiane, è per certi versi la stessa cosa. Ma, sotto un profillo specifico, essere uccisi dalle pallottole di un plotone di esecuzione italiano è molto peggio. Molto peggio, perché, continua Carlo Gali, vuol dire che in quella bufera, in quella tragedia che è stata la prima Guerra mondiale, si perdeva, come infatti è successo, la capacità di distinguere il giusto dall’ingiusto, l’amico dal nemico. Il che vuol dire che in quella violenza collettiva era stata perduta la ragione. Noi, oggi, ripudiamo la guerra, e ripudiamo quella guerra all’interno della guerra che è stata la messa a morte di oltre un migliaio di soldati italiani per motivi d’ intimidazione di massa attuati da un corpo ufficiali indegno di rappresentare e difendere l’onore e la bandiera italiani.
Una straordinaria operazione di verità e giustizia verso quei militi del giovane regno italico di ogni parte e provenienza, la cui unica colpa – e forse nemmeno, se colpiti da una sventurata decimazione – fu quella della paura e del terrore nel salire lentamente la scaletta per porre il petto al vento e alle pallottole del soldato austriaco. La repubblica, oggi, si può così riappropriare compiutamente della sua storia proprio perché rende giustizia a quei caduti di cui si era persa la memoria nei cimeli eretti in ogni piazza dei villaggi Italici a ricordo dei caduti nella Grande Guerra del 15 – 18 e in quella più recente del 1940 – 45.
Quei tragici fatti verso i propri soldati al fronte furono, probabilmente, i prodomi della violenza con cui, dopo la vittoria sull’ Austria, pochi anni dopo si colpì l’ancor fragile stato democratico. Si aprì, in tal modo, la via alle orde fasciste e all’instaurazione del ventennale regime totalitario che ci avrebbe portato all’alleanza con il nazifascismo germanico, al sogno imperiale di conquista e alla successiva disfatta. Ci pensarono i resistenti a riscattare il tricolore.
Ma questa, è un’altra storia..