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5 May 2024
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Un saluto e alcune domande al dr. Giulio Alaimo

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Il Console generale  Alaimo lascerà presto la sede di Zurigo per andare ad occupare il posto di ambasciatore a Monaco

Secondo notizie qui correnti, il console generale dr. Giulio Alaimo lascerà la sede consolare di Zurigo il prossimo luglio, dopo quattro anni di onorato servizio.

In vista della sua partenza, ci piacerebbe rivolgergli alcune domande sulla situazione dei servizi consolari a Zurigo e nei Cantoni orientali della Svizzera e, inoltre, sulle principali carenze che, nel giudizio del console, tuttora si registrano.

Come ricorderanno i nostri affezionati lettori, ci siamo già occupati, negli anni e nei mesi trascorsi delle vicende del consolato zurighese, oltre che di altri uffici consolari attivi in Svizzera, raccogliendo, ci sembra, l’interesse e il gradimento dei connazionali qui residenti, ma non, forse, l’uguale apprezzamento da parte dei consoli e del ministero degli esteri.

Trattandosi di Uffici pubblici, riteniamo che l’indagine giornalistica, se onesta e disinteressata, aiuti i cittadini a conoscere meglio vicende che sono anche di loro interesse, oltre a contribuire, si spera, al miglioramento del servizi.

Al console generale, vorremmo perciò chiedere, nell’interesse del servizio, una valutazione sulle innovazioni più significative che egli ha introdotto.

Ci piacerebbe inoltre avere qualche notizia sulla Casa d’Italia di Zurigo, che è anche, come è forse noto, uno dei più pregevoli immobili storici che lo Stato italiano possegga a Nord delle Alpi.

Sappiamo che è stata bandita una gara d’appalto europea, in vista della ristrutturazione dell’edificio, cosa che ci rallegra moltissimo, ma non conosciamo però i tempi di avvio dei lavori, né i tempi previsti della loro ultimazione. Forse, il console potrà fornirci in proposito utili notizie.

Come è noto, la Casa d’Italia ospitava la sede del Comites di Zurigo, ovvero il Comitato degli italiani all’estero. Poiché molti connazionali sembrano ignorare l’esistenza di questo organismo, gradiremmo chiedere al console, se sia stata avviata una campagna informativa in materia. Il discorso, ovviamente, riguarda anche il Comites di San Gallo. 

Tra gli altri punti su cui gradiremmo ricevere delle informazioni c’è quello della promozione della lingua e della cultura italiana in Svizzera. Come è forse noto, la competenza in materia è dell’Istituto Italiano di Cultura di Zurigo, che è un ufficio pubblico con un direttore nominato dal Ministero degli Esteri.

Dobbiamo purtroppo esprimere in proposito la nostra sorpresa, oltre che il nostro dispiacere. A quanto ci risulta, il Direttore dell’Istituto, un funzionario qui universalmente stimato, è stato deferito due o tre anni fa alla commissione di disciplina del Ministero degli Esteri, e sottoposto a un severo processo.

E’ un fatto che a noi sembra molto grave, conoscendo il valore e l’amabilità di questo funzionario, ma ad intrigarci di più è una circostanza precisa: infatti, se ben ricordiamo, l’ambasciata a Berna, d’intesa col Ministero degli esteri, decise di aprire, nella primavera del 2016, un procedimento disciplinare contro lo stesso Direttore. L’intrapresa punitiva, in tutta evidenza, venne ideata e organizzata a distanza, ma venne seccamente respinta, tuttavia, dall’allora console generale. 

Cosa può dirci in proposito il dr. Alaimo?

Infine, vorremmo parlare degli effetti del coronavirus sul servizio consolare. Dopo lo scoppio dell’epidemia, i servizi del consolato di Zurigo sono stati – comprensibilmente – ridotti ed è stato introdotto parimenti il sistema obbligatorio di appuntamenti elettronici.

Si tratta di misure comprensibili e, anzi, necessarie, ma ci permettiamo di confidare che, passata l’epidemia, si ritorni alla precedente organizzazione del lavoro, che non prevedeva l’obbligo per i cittadini di chiedere un appuntamento per via elettronica e aveva infatti eliminato i contingentamenti per l’accesso all’ufficio consolare.

Di fatto ai cittadini era consentito, fino allo scoppio dell’epidemia di coronavirus, di accedere alla sede consolare zurighese senza limiti o barriere di sorta, e, soprattutto, senza obblighi di registrazione elettronica. Auspichiamo perciò che si ripristini, non appena possibile, la situazione precedente.

In proposito, non appare inutile ricordare il ruolo pionieristico svolto dal consolato generale di Zurigo, che è infatti riuscito, sin dal 2015, a buttare a mare la zavorra rappresentata dai ritardi cronici e dalle code infinite del pubblico, come ha riconosciuto, del resto, lo stesso Sottosegretario agli esteri, Riccardo Merlo, nel corso della visita da lui compiuta in Svizzera nel gennaio scorso. 

L’introduzione ora di nuove e più restrittive misure, pur necessarie nel presente contesto, ci preoccupa tuttavia non poco, soprattutto per l’eccessiva importanza che viene ora conferita al lavoro a distanza e alla preferenza inoltre che viene accordata alle comunicazioni elettroniche. 

Non vorremmo dare l’impressione di chi ama andare controcorrente, per il gusto di disturbare o di distinguersi, ma noi non condividiamo l’infatuazione oggi corrente intorno alla digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, un indirizzo, beninteso, in buona misura auspicabile e, anzi, indispensabile, ma che non è esente tuttavia da pericoli.

Abbiamo imparato a diffidare, negli anni trascorsi, dei tanto decantati algoritmi, che regolano, come noto, il sistema degli appuntamenti consolari, con l’unico risultato però di generare per lo più code e liste di attesa sempre più lunghe.  

Se ci è consentita in proposito una osservazione di più ampia portata, a noi sembra che la tecnologia non sia una vicenda neutra o indolore, essa è infatti guidata dagli uomini, nel nostro caso, dai funzionari ministeriali, e il rischio che  intravediamo è quello di un  esercizio digitale che punti in qualche modo a incanalare e a frenare il ritmo delle nostre richieste e dei nostri bisogni. 

Basta considerare, del resto, quello che avviene normalmente nei consolati italiani in giro per il mondo per rendersi conto che non parliamo per partito preso.  

Zurigo finora è stata una felice eccezione, ma cominciamo a sospettare che anche il Consolato zurighese possa ora allinearsi, per ragioni di uniformità o di forza maggiore, sui moduli organizzativi in voga negli altri uffici consolari. Ciò rappresenterebbe, secondo noi, un arretramento, se non, forse, un fallimento.

In proposito, ci permettiamo naturalmente di confidare nelle rassicurazioni che il dr. Alaimo vorrà gentilmente fornire.

Gerardo Petta
consigliere Comites di Zurigo

 

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