Nonostante la lenta ma costante diminuzione nel settore privato i salari delle donne sono in media di un quarto più bassi di quelli degli uomini
La parità salariale è un obiettivo dichiarato del Consiglio federale. Dopo aver subito un aumento nel 2000, la parte discriminatoria della differenza salariale tra donna e uomo nel settore privato è diminuita costantemente, anche se lentamente. Tuttavia l’opuscolo “Verso la parità salariale!”, che si basa su un’analisi della Rivelazione della struttura dei salari (RSS) e pubblicato dall’Ufficio
federale per l’uguaglianza fra donna e uomo UFU, ha evidenziato che le donne continuano a guadagnare molto degli uomini se si confrontano i salari rapportati a un impiego a tempo pieno. Concretamente significa che le donne nel 2010 hanno guadagnato mediamente 1800 franchi in meno al mese rispetto agli uomini. Nei due terzi dei casi (62.4%) questa differenza salariale è spiegata da fattori oggettivi come qualifiche, posizione professionale, ramo economico, esperienza professionale all’interno della stessa impresa. Le donne non raggiungono la parità salariale rispetto uomini perché, sono spesso sottorappresentate in funzioni altamente qualificate e in quelle di quadro e anche perché lavorano prevalentemente in rami nei quali i salari sono bassi. Nel 2010 le donne attive nell’economia privata erano circa 1,26 milioni e per un posto di lavoro a tempo pieno guadagnavano circa un quarto in meno rispetto ai loro colleghi uomini (23.6%). Nel settore pubblico la disparità salariale è più bassa per le circa 33.000 donne (un terzo) impiegate in questo settore, che guadagnano mediamente il 14,7% in meno rispetto agli uomini.
Nel restante 37.6%, che corrispondente in media a 677 franchi al mese, si suppone una discriminazione salariale di genere, che concerne in più della metà il “salario base”. Per i dipendenti senza esperienza e senza qualifiche il salario per le donne è più basso del 5%. Nei rami a bassa remunerazione due dipendenti su tre sono donne. L’evoluzione della discriminazione si differenzia nei differenti rami. Nei servizi d’informazione e comunicazione, nelle attività finanziarie e assicurative, nonché nella sanità e assistenza sociale è inferiore alla media. Lo scarto salariale è particolarmente elevato nel ramo trasporti e magazzinaggio e nell’industria chimica, mentre è calato nei servizi di alloggio e ristorazione, nel commercio al dettaglio, e nell’industria tessile.
La discriminazione salariale comporta mancate entrate per 7.7 miliardi di franchi alle famiglie svizzere. Dunque una politica salariale equa è nell’interesse di molti (donne, famiglie) e, non da ultimo, anche per le imprese private. Dal 1996 è in vigore la legge sulla parità dei sessi che vieta qualsiasi forma di discriminazione nel lavoro retribuito. Una politica salariale che rispetta l’uguaglianza tra donna e uomo, avvantaggia le aziende che agiscono in modo conforme alla legge e possono così godere di un’immagine migliore sul mercato del lavoro. Lo scorso marzo un’alleanza femminile, con rappresentanti di tutti i partiti, aveva fatto appello a tutte le imprese d’introdurre entro il 2014 il “Dialago sull’uguaglianza dei salari”, al quale soltanto sedici imprese vi avevano aderito lo scorso novembre. Lo strumento è stato lanciato per controllare le strutture di remunerazione nel 2009 dai partner sociali e dalla Confederazione.