Il Papa salito dai confini del sud del mondo Tra segni di disgregazione e svolte rivoluzionarie
I prelati romani – non tutti, naturalmente, cardinal Bertone! – che vivono in lussuosi appartamenti vaticani confortati dagli affetti e dai beni materiali che madre romana chiesa ha loro concesso non si sa bene perché e per quali meriti.
L’abate, poi, che raccoglieva i fondi per l’opera caritatevole verso i piccoli orfani fratelli del Gesù morto in croce e reinvestiva il malloppo nel mondo degli affari, sono gli ultimi esempi del marcio imperante dentro la chiesa.
La pedofilia diffusa, da tempo nota, e su cui nessun Papa, sino a Ratzinger, seppe rompere il velo del silenzio e dell’ipocrisia, unita alla corruzione emergente, squarciano il velo del perché lo stanco papa Benedetto sedicesimo compì, nel febbraio del 2013, quell’atto che fece storia e per cui quel pontefice, ingiustamente ritenuto un modesto re travicello, rimarrà nei secoli eterno agli occhi dei credenti. Fu il preannuncio di un conclave di svolta, chiamato ad operare delle scelte che avrebbero poi influito in modo determinante nella condotta della chiesa romana del secolo ventunesimo.
Chi eleggere al soglio pontificio e perché? Il mondo è sconvolto dai nuovi equilibri geo politici prodotti dalla globalizzazione e occorre iniziare quell’opera moralizzatrice indispensabile alla chiesa del millennio. In fondo, che si tratti dello spirito santo o della millenaria saggezza dei suoi capi, la chiesa ha sempre saputo cogliere l’attimo per cambiare e guardare avanti.
Fu così con Giovanni ventitreesimo, il papa della “Pacem in Terris”, che operò la rottura convocando il concilio ancora oggi punto di riferimento essenziale per la chiesa.
E poi con il polacco Karol Wojtyla, l’uomo venuto dall’est nel periodo storico dominato dal comunismo sovietico sino all’avvento di Gorbaciov e della sua svolta libertaria e rinnovatrice. Nel frattempo, il mondo cambiava. In pochi decenni- settanta anni- l’umanità era passata dai due miliardi del 45 agli attuali sette miliardi e mezzo.
L’Europa, per secoli centro della cultura e della cristianità, destinata ad un lento e naturale declino conseguente all’emergere delle grandi potenze asiatiche- La Cina e l’India in primis- ma non solo.
L’Europa, o l’occidente, se volete, non più centro ma periferia dei nuovi equilibri mondiali e in cui il cattolicesimo spostava, anch’esso, il centro del miliardo di fedeli dall’Europa verso il sud del mondo, in particolare in America latina. A me sembra stia tutta qui la scelta di Jorge Mario Bergoglio al soglio di Pietro.
Il tentativo della chiesa di parlare all’umanità che verrà. Ai popoli di quel continente americano appena uscito da una storia di secolari dittature militari portando il messaggio del Cristo in croce come simbolo del sacrificio sino alla immolazione per il bene dei poveri e degli umili. Portarlo prima che sia troppo tardi e i credenti non abbiano già abbandonato la chiesa compromessa con i passati regimi dittatoriali – Il martire Romero, docet – e indebolita dall’avvento di sette ricche di un loro magico misticismo. Portarlo in America latina come nel profondo dell’Africa nera per inoltrarsi poi verso gli inesplorati imperi asiatici dove si decideranno i futuri equilibri mondiali. Nel campo religioso, cercare il dialogo con l’altro grande credo monoteista, l’islamismo, attanagliato nelle lotte fratricide e pur trionfante in tanti parti del globo.
Un compito immane, quello a cui si è accinto papa Bergoglio.
E non è un caso la scelta di chiamarsi Francesco. Francesco come l’umile frate che indicò, in primis, alla chiesa la strada dell’umiltà, della povertà e dell’estremo sacrificio come il segno del ritorno al messaggio del Cristo sulla croce.
Ce la farà, Francesco, a convincere i tre miliardi di cinesi e indiani, storicamente privati del messaggio cristiano, che un’altra via è possibile rispetto al desiderio di rivincita sulla storia? E assicurare il popolo nero- un miliardo- dell’Africa? Mai più oppressione: il vecchio occidente ha compreso l’efferatezza dei crimini commessi nei secoli passati.
Arduo rispondere. Umilmente, non si può che fare l’augurio a Francesco,
Al successo del suo messaggio al mondo. Alla sua opera moralizzatrice all’interno della chiesa.
Alcuni ci vedono il segno della decadenza e della disgregazione. Altri la luce di una nuova vitalità.
L’acqua ossigenata sull’arto ferito del giovane atleta di Cristo. Fa male, all’inizio.
Ma poi, guarisce la piaga.
Auguri, Francesco, con la speranza che non sia già una avanzata cancrena.