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26 April 2024
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STORIE di Gianni Farina

Il viaggio nel Sudafrica liberato dall’apartheid di Nelson e Winnie Mandela

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Alla riscoperta della memoria

Si parte.

Una notte agitata da cattivi pensieri e presagi. Succede, ogni qualvolta devo partire per un lungo viaggio verso terre e nazioni mai visitate in precedenza.

Nel sonno ho rivisto l’atterraggio tra le dune del Sahara di trenta anni prima. Il terrore che mi avvolge. Lo zoom che racconta la vita vissuta in quei pochi attimi che precedono l’impatto violento del velivolo con il suolo sottostante.

Rivedo la mano protettiva di mamma Nilde sul sentiero che porta alla nuova e modesta dimora ove avrei vissuto i primi venti anni della mia esistenza.  L’accozzaglia vestita di nero che scende dal sentiero che porta all’alpe e se ne va verso la disfatta del 25 aprile del ’45. La scuola elementare in cui ebbi in sorte una straordinaria educatrice, tanto importante quanto decisiva nella formazione del ragazzo ribelle.

L’urlo di mia madre nel mentre saluta il marito e babbo Ettore che si appresta a partire per il lungo viaggio verso le terre del Queensland australiano. La maturità all’istituto tecnico del capoluogo. Il pudico amore per Concettina e quello sconvolgente  e appassionato per Silvana.

Un attimo, dicevo. Lo stridio del velivolo che si arena tra le dune protettive da farti pensare che, in fondo, è come se ti avessero atteso per proteggerti dal Dio degli inferi.

Il rombo del reattore accompagna il rullio del  DC 10 che si alza  dalla pista dell’aeroporto di Zurigo.

Pochi minuti ancora e scorgo dall’oblò le Alpi le cui vette sono ancora imbiancate del residuo  manto nevoso di fine maggio.

La modernità ha in parte oscurato la magica  bellezza della natura, e tuttavia, lo spettacolo che si osserva  nella trasvolata dei massicci alpini seimila metri più su è qualcosa che sa di infinito e misterioso.

Una mattinata priva di nubi. Scorgo Genova, l’isola d’Elba, Caprera, la Corsica e poi la Sardegna. Poco più di un’ora per scorgere in lontananza sulla mia sinistra, la Sicilia, l’esile fumo dell’Etna a dirmi che forse il Dio vulcano si è assopito prima di accendere il forno in cui sfogare la rabbia del millenario prigioniero di un perverso destino.

L’isola si allontana nell’azzurro del “mare nostrum” prima che possa scorgere le coste libiche, il golfo della Sirte, la città di Bengasi,  il porto ove soggiornavo nel corso delle mie trasferte verso le terre della Cirenaica, Derna e Tobruch.

Ricordo la pastorella araba del guardiano quotidianamente in attesa di un benevolo gesto: l’offerta della farina per il cuscus, la pepsi, e tante altre cose, fra le quali, furtivamente, la richiesta di un goccino di whisky proibito dal veto divino e dalla forte calura.

Rombano i motori del DC 10 nell’attraversamento dell’Africa che alterna deserti inanimati a foreste che ti appaiono dipinte di nero da un pittore dell’astratto impazzito.

Dieci ore e non me ne sono accorto talmente il volo è stato tranquillo.

L’ondeggiamento delle ali annuncia le fasi di atteggio a Johannesburg la capitale della nuova repubblica sud africana.

Il sud del continente liberato dall’odioso germe dell’apartheid grazie alla lotta leggendaria di Nelson Mandela per la libertà del suo popolo e al risveglio di umana ragione del primo ministro bianco  Frederik Willem de klerk.

Si è avverato il sogno del combattente nero: liberare il popolo dalla schiavitù senza reazioni di rivalsa e vendetta verso i secolari-schiavisti bianchi.

Sui bus, sino a pochi anni prima occupati dai musi pallidi, si accalcano le masse nere su e giù per la metropoli. In pieno centro si erge la villa presidenziale di Nelson Mandela, perennemente protetta dai guardiani della libertà. Non tutto è bello, naturalmente. Noleggio un pulmino per la visita a Soweto, la banlieue nera di Johannesburg.

Un mare di Casupole malandate e maleodoranti.  E all’improvviso, i palazzi della nuova università fondata per formare la nuova classe dirigente della repubblica.

Chiedo al proprietario del pulmino chiarimenti sulla nuova convivenza tra la minoranza bianca e  la maggioranza nera.

Nessun problema,  risponde il fantoccio. Ci penserà l’AIDS.

Saldo il dovuto e abbandono il razzista al suo destino.

Scorgo, poco più in là, una villetta un po’estranea al contesto.

Ci vive Winnie dopo la separazione dal marito eroe.

Ciao Winnie. Ora che te ne sei andata voglio dedicarti questo mio commosso pensiero.

Se incontri Nelson nell’immensità dell’universo, salutalo anche a nome mio con la preghiera di non abbandonarci. Abbiamo ancora  bisogno di ascoltare la sua voce: L’urlo della libertà e della fraternità umana.

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