Finalmente una serata di libertà e riposo. Osservo, con un certo distacco, la partita decisiva per accedere alla semifinale del mondiale di calcio in Brasile.
In campo, l’olanda guidata dal mago Van Gaal, già inventore del calcio totale. Una piccola nazione, l’Olanda ( quindici milioni di abitanti tutti dediti ad uno sport) derubata , nel corso dei decenni, di alcuni titoli mondiali. Il primo, fu estorto dai colonnelli fascisti argentini del periodo pre Maradona in quella Buenos Aires annichilita dalla miseria e dall’oppressione totalitaria, che ricevette in dono il trofeo mondiale a risarcimento delle malefatte subite. Tant’è! Acqua passata. L’avversaria è il Costarica, modesta nazione bananiera, la cui nazionale vive il sogno di chi, per un giorno, può assurgere al trono di Olimpia riscattando la miseria antica di un intero popolo. Combattono, i ventidue in campo, con abnegazione totale. C’è, tuttavia, il tulipano volante del nord che attira la mia attenzione. Un viso un po’ così sotto quel cranio a pera digià senza l’ultimo pelo: scarno, rugoso, un non so di tristezza in quegli occhi in cui vedi la stanchezza infinita come quella del cervo morente la cui fuga si arrestò al colpo impietoso del becero cacciatore di frodo. Eppure, scatta e saetta, il giovane, da sembrare già vecchio, dietro il suo ansimare a cercare una palla accarezzevole e amica tanto essa ne ammira l’eroica fatica.
Arjen Robben, il suo nome, un vero uomo di sport . Io penso alla vergogna e forse a quel po’ di pudore rimasto agli azzurri viziati e divisi se lo hanno ammirato, la sera. Buona fortuna, guerriero. Poche ore prima, la Grande Boucle del ciclismo mondiale, spingeva i pedali, en dansant, nella terra di Albione. Non saranno tra i più simpatici, i nostri cugini, abitanti della terra dei galli. Ma ci sanno fare a vendere il prodotto arricchito dalle gesta dei Bartali e Coppi, dei Kubler e Koblet e poi da Bobet, Anquetil, il Merkz dall’ omerica Achille leggenda con cui lottò mai domo, con tenacia e furore, l’Ettore Felice Gimondi delle colline bergamasche a me così care, oltre all’estinto pirata Pantani. Si, ci sanno fare. Sono andati lassù. Al parco nazionale, nello Yorkshire, omaggiati da qualche milione di inglesi in vacanza venuti a vedere i girini dai mille colori nonché omaggiare Williams e Kate, il duca e la duchessa di Windsor, la giovane coppia orgoglio dei sudditi del regno britannico. Uno spettacolo di folla, passione per lo sport di fatica a cui mi sento aggrappato nonostante lo scorrere, impietoso, degli anni. E allora, non posso che riandare al Giro d’Italia ridotto a corsa dei pochi e per chi è precluso per alti traguardi.
Il grande stivale che ha visto le gesta dei Binda e dei Coppi avvilito da dirigenti inetti e incapaci. Ai cugini d’oltralpe basta un misero e diroccato castello incrociato al passaggio per raccontarne le gesta non so quanto vere. A noi, che il destino e l’ingegno ci hanno tutto donato, non serve nemmeno, che so?, il Duomo, San Marco, la torre di Pisa, la città eterna, San Pietro e il suo Colosseo. Lo sport italiano, e non solo nel grande ciclismo, vive gli anni del forte declino. Il pallone, senz’altro, per i pochi che ancora accorrono, rischiando le botte e financo la pelle, per assistere ad un triste spettacolo,. Siamo ridotti da anni a sportivi da salotto. Specialisti nel dire e non fare. Faziosi. Irridenti. Impietosi con chi ha perduto una sfida. Ai passati mondiali di atletica nessuno che sapesse, non dico, ripetere le imprese di Sara Simeoni e Mennea, ma almeno essere lì, tra i migliori. Scattare allo sparo ripetendo il gesto che fu di Livio Berruti all’olimpica Roma. Tempi passati.
Nessuna cultura sportiva che parta dal basso. Pochi anni dopo i primi vagiti, nel corso degli anni di scuola. Eppure, occorrerebbe poco ingegno per apprendere e attuare una svolta. Basterebbe ripetere il gesto di tanti milioni di nostri emigrati. Varcare le Alpi. Informarsi. Apprendere. Tornare, affermando di avere compreso il perché di un declino di cui non si scorge la fine. Io oso sperare che non sia troppo tardi. Anche se, per la svolta, occorre afferrare la scopa e fare pulizia. Via tutti. I vecchi e nuovi burocrati del Coni e non solo. Con i vizzi, aggravati, degli anziani colleghi legati ai maneggi politici per fare carriera. È la storia italiana. O si cambia, o vi è solo il declino nel nostro futuro. Iniziamo da qui. Dallo sport. Che, se è vero, è fatica, passione, impegno e serve a formare il carattere, la tempra di ognuno. Domenica scorsa, è stata una bella giornata. Vincenzo, il Nibali siculo, ha dato una scossa al gruppo dei grandi. Ha vestito il giallo al Giro di Francia. Buona fortuna, campione.