A rivelarlo i punteggi costantemente più bassi dei test sul quoziente intellettivo
Via via sempre meno intelligenti: sembra questa la conclusione della ricerca condotta da Bernt Bratsberg e Ole Rogeberg del Centro Ragnar Frisch per la Ricerca Economica in Norvegia. Lo studio, che è stato pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences, testimonia di un calo del quoziente intellettivo medio che renderebbe le nuove generazioni sempre meno intelligenti rispetto alle precedenti.
In occasione della visita di leva per il servizio militare norvegese, i due ricercatori hanno studiato i punteggi dei test di QI di 730 mila giovani dividendoli in due sottogruppi di età, quelli nati fra il 1962 e il 1975 (che entravano come nuove leve dal 1970 al 1993) e quelli più giovani, nati fra il 1975 e il 1991 (con punteggi misurati dal 1993 al 2009). Analizzando i risultati ottenuti, ci si è resi conto che i valori del quoziente intellettivo del gruppo dei più giovani erano più bassi di circa 7 punti: fra i nati a metà degli anni ’70, che oggi hanno 43 anni, e i ragazzi nati nel 1991, che oggi hanno 27 anni, ci sono più di 5 punti di differenza.
Anche altri studi recenti hanno provato che i valori del QI sono diminuiti tra i 2,5 e i 4,3 punti ogni decennio a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. Sempre analizzando il QI, una ricerca statunitense ha inoltre rilevato che i bambini che mangiano molto pesce, con un tipo di dieta che purtroppo è assente in molti Paesi, diventano più intelligenti. Questi dati smentiscono (o quanto meno ridimensionano) il cosiddetto ‘effetto Flynn’, che prende il nome dallo scienziato neozelandese che individuò una tendenza alla crescita lineare del quoziente intellettivo globale, aumentato, secondo i suoi studi, di tre punti ogni decennio nella prima metà del ’900. Riguardo ai risultati ottenuti, Bratsberg e Rogeberg non propongono una spiegazione univoca alla diminuzione del QI nelle nuove generazioni, attribuendo la responsabilità del crollo ai cambiamenti avvenuti negli stili di vita dei giovani e nei sistemi educativi, con la preferenza crescente per videogiochi ed elettronica a discapito della lettura.
Il dato interessante, su cui si sono soffermati gli autori, riguarda il fatto che in media le differenze nel QI si manifestano anche all’interno della stessa famiglia, dato che i figli minori hanno riportato punteggi inferiori rispetto ai fratelli più grandi. Secondo i ricercatori, questo dato implica che il fenomeno ‘anti-Flynn o Flynn negativo’ non sia dovuto in maniera sostanziale a fattori genetici o all’immigrazione (anche se uno studio recente individua proprio in questi elementi una possibile ragione del fenomeno).
Al contrario, secondo i due autori norvegesi, la spiegazione più probabile è che fattori ambientali esterni siano responsabili del calo intellettivo, fra cui peggiori sistemi scolastici, il declino dei valori educativi e l’uso crescente di televisione e media. Non mancano però tesi discordanti, attribuibili per lo più ai numerosi critici del QI, secondo i quali il cambiamento registrato in Norvegia potrebbe derivare dal banale invecchiamento dei quesiti che pretendono di misurare il quoziente intellettivo, non più adatti all’intelligenza moderna.