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13 May 2024
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STORIE di Gianni Farina

Addio, Antonio Megalizzi, giovane europeo con l’Italia nel cuore

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Il terrorismo dell’Isis ha colpito a Strasburgo

Le Tragedie italiane nel mondo.

Del secolo che fu. Del decennio alle nostre spalle. Della realtà quotidiana.

Sono incise nella nostra memoria le tragedie di Monongah, Marcinelle, Mattmark, del San Gottardo, del Loetschberg e del Sempione. Migliaia di nostri compatrioti perirono nell’inferno delle miniere 8 – 900 metri sotto terra, o negli scavi delle Gallerie per unire l’Italia alle nazioni del Nord, per unire l’Europa. E chi non perì per il grisù che aveva riempito i polmoni della polvere sottile e maligna come la perfida saetta che si abbatte sul secolare abete nel balenio della tempesta, fu spesso abbattuto dalla pallottola del gendarme chiamato a sedare la protesta dei minatori per le infami condizioni di lavoro e i miseri salari. Come si soleva dire, per un tozzo di pane.

In mille e più occasioni abbiamo raccontato queste vicende. Nel parlamento repubblicano e fuori, nelle scuole, nelle aule delle fondazioni culturali, in occasione di particolari ricorrenze a ricordo degli eroi caduti sul lavoro. Spesso, purtroppo, tra l’indifferenza e l’ignoranza di una memoria che fa parte della storia italiana.

Gli attuali governanti, in prima fila l’onnipresente ministro dell’interno, Matteo Salvini, parlano all’inclita e al volgo, un’ora si e l’altra pure, sull’immigrazione come un qualsiasi negriero texano prima del sogno di Martin Luther King  che liberò, con parole d’amore, l’America dalla vergogna razzista. Abbisognerebbero di un corso accelerato di storia Patria, anche se, vista la pochezza dei ministri e dei loro scherani, sarebbe forse una sfida impossibile, inutile.

Gli eroi di quel tempo si sacrificarono sull’altare della nascente civiltà industriale. Le cronache del nuovo secolo ci consegnano vicende altrettanto drammatiche. Di uomini e di donne che vanno per il mondo portando conoscenze e professionalità da condividere con l’altrui che incontrano sul sentiero della vita.

Valeria Solesin, abbattuta dal mitra terrorista dell’Isis in una qualsiasi serata autunnale parigina di svago al Bataclan  dopo una giornata dedicata al lavoro ed all’apprendimento.

Giulio Regeni, il sociologo italiano dell’università londinese, inviato al Cairo per una ricerca sulla realtà sociale e sindacale nella città dei faraoni, trucidato dalla polizia di regime. Antonio Megalizzi, il giovane giornalista giunto dal trentino, che ha scelto Strasburgo per seguire, in diretta, le periodiche sessioni del parlamento europeo nella capitale alsaziana, colpito a morte dal fuoco di un fanatico terrorista. Tre giovani italiani di alta scuola che hanno alzato lo sguardo oltre le alpi per andare a conoscere e unire l’Europa e il mondo, ma hanno trovato sul loro cammino un nuovo e più micidiale grisù: l’arma che uccide nelle mani del terrorismo di stato e del fondamentalismo omicida dell’Isis.

Ricordo la visita a Strasburgo di un anno fa, la grande folla accorsa ad ammirare i mercatini natalizi e i presepi di una mistica bellezza, da sembrarti viventi, dentro la cattedrale. Apprendo la notizia dell’attentato e chiamo Angelo. L’Angelo mio amico, quasi un fratello, talmente è forte il rapporto che ci lega da decenni. Ritorna dall’ospedale ove Antonio giace nel coma profondo e irreversibile. E forse l’anima sua sta già vagando nell’immensità dell’universo sino a quando ogni sua stella avrà spento l’ultimo bagliore di luce. Mi dice che accompagnerà Domenico e Anna Maria, i genitori, la sorella Federica e Luana, la fidanzata, accorsi da Trento per essere accanto al loro ragazzo.

Lo sento affranto, disperato, Angelo, mentre mi assicura, con un filo di voce, di aver fatto preparare un breve pasto frugale nella sala ospiti per i parenti venuti dall’Italia.

Hanno così bisogno di aiuto. È l’appello di chi agisce con la leggerezza nel dare tutto se stesso senza nemmeno chiedersi il perché.

Eppure, io so quanto bene Angelo ha sparso nelle terre d’Alsazia e Lorena per assistere i disperati di questo mondo.

Lo scoprii tanti anni fa osservando le foto appese alle pareti di quel salottino della generosità quotidiana. Il corpo di Antonio ha ceduto all’atto brutale del mostro.

I suoi cari lo stanno riportando alla terra degli avi.

L’anima sua sta ancora vagando tra le brume delle colline alsaziane chiedendosi il perché della fine di un sogno.  Avrà pace solamente quando altri giovani, seguendo il suo esempio, ripercorreranno lo stesso cammino per rinnovare la sfida  dell’Europa unita che verrà.

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