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3 May 2024
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STORIE di Gianni Farina

Alla ricerca del tempo perduto

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“Amo l’Itali – mi scrive Lia Quartapelle – e ho sentito forte l’onore di fare parte della delegazione parlamentare italiana all’Assemblea generale delle Nazioni Unite che si è tenuta in questi giorni a New York.
Sono orgogliosa del nostro Paese quando, come in questi giorni intensi di incontri ci viene riconosciuto il tanto lavoro che stiamo facendo per la protezione del patrimonio culturale globale, quando paesi come la Somalia e lo Yemen chiedono una maggiore presenza umanitaria dell’ Italia al loro fianco, quando attivisti di tutto il mondo ricordano le battaglie che abbiamo fatto contro la pena di morte e la mutilazione genitale femminile, quando Eritrea ed Etiopia ti chiedono di aiutarli a consolidare la pace firmata nel Luglio scorso.
Amo l’Italia e per questo ieri ho avuto un sussulto quando ho sentito il primo ministro Conte dire che sovranità e popolo si trovano nel primo articolo della costituzione.
Ora, che bisogno c’era di pronunciare anche qui gli inutili slogan dell’ufficio comunicazione di Rocco Casalino. In questi giorni alle Nazioni Unite si sta consumando una battaglia tra chi vuole che prevalga la legge dello stato più forte, come Trump, e i tanti paesi che chiedono più cooperazione per affrontare le grandi questioni del nostro tempo, dal cambiamento climatico alle migrazioni.
Quelle frasi sono davvero sembrate fuori contesto.
Ci hanno fatto sembrare il solito Paese impegnato nella baruffa interna e poco interessato a pesare nel mondo.
È così che ci indeboliamo ed è davvero un peccato quando lo facciamo da soli.
In risposta all’arroganza di Trump che si è guadagnato una sonora risata dell’Assemblea generale avrei voluto che il capo del governo dell’Italia pronunciasse un discorso all’altezza della posizione internazionale del nostro Paese e spendesse parole chiare sul ruolo che assieme ai nostri partner, dobbiamo ricoprire nel mondo.
Lo ha fatto, (anche se parzialmente. Ndr) il presidente francese Emmanuel Macron, che ha trovato un modo interessante ed efficace per distinguere tra un globalismo ancora tutto da governare e i valori universali che dobbiamo continuare a promuovere”.
Bellissimo il commento di Lia Quartapelle in occasione della sua prima esperienza internazionale alle Nazioni Unite.
Avendo collaborato con lei alla commissione esteri della camera dei deputati, ne conosco l’ intelligenza, la conoscenza dei problemi, la particolare sensibilità per le lotte di liberazione civile e umana dei popoli derelitti del mondo. Ricordo le mie visite alla martoriata terra iugoslava di quel decennio in cui sembrò smarrito ogni pur minimo sentimento di umana pietà. Le migliaia di croci della collina di Sarajevo, Srebrenica, il ponte di Mostar. Ricordo l’Ucraina del 2007, il viso butterato del presidente forse dovuto al veleno che uccide senza che tu abbia il tempo di capire il perché. Ricordo l’immensità della foresta siberiana, miriadi di fiammelle risultanti dalla raffinazione del petrolio, di cui è ricca questa terra, che salivano verso il cielo da sembrarti un abbraccio all’Ilyushin su cui viaggiavo verso la lontana Wladivostok per controllare il processo della nascente democrazia russa. Ricordo quel vecchio contadino moldavo che mi abbraccia quando apprende che vengo dall’Italia e rammenta, in un dialetto misto italo-romeno, come suo padre amasse tanto l’Italia da aver combattuto nelle brigate Garibaldi nel lontano 1944 dell’anno del Signore.
Ricordo le mie battaglie in parlamento perché l’Italia non dimenticasse il suo patrimonio internazionalista dovuto ad una particolare esperienza storica e politica repubblicana.
Ricordo il passaggio sul ponte di Mostar (Stari Most) e come ad ogni passo sentissi il grido di dolore di ogni suo pezzo di roccia marmorea mentre precipitava nel vuoto all’abbraccio col fiume Neretva tra le grida di scherno dei malvagi intenti a coprirsi di vergogna e disonore.
E ricordo per ultimo, mia madre, quando ancora la mente di lei sapeva distinguere tra il bene ed il male.
Mi raccomando figliolo, (era il mese di maggio del 2006) non dimenticare le origini tue e di chi ha lottato perché il nostro villaggio, l’Italia e noi tutti potessimo vivere in un mondo più bello, solidale, meno povero di spirito, migliore. Dal balcone di palazzo Chigi, nella notte di un qualunque giovedì, è apparso un fantasma a più voci che preannuncia tempesta.
Talvolta, purtroppo, ritornano. E forse, ci sarà ancora bisogno di noi.

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